A che punto è l’Atlante delle barche dei laghi e dei fiumi dell’Italia Centrale

A che punto è l’Atlante delle barche dei laghi e dei fiumi dell’Italia Centrale

di Marco Bonino

Incontro: Storia di barche, Castiglione del Lago, 18 maggio 2013.

L’argomento delle imbarcazioni antiche e tradizionali delle acque interne dell’Italia Centrale fa parte di una ricerca, parallela a quella sulle imbarcazioni marittime, iniziata una trentina di anni fa con l’Atlante Linguistico dei Laghi Italiani (ALLI), la cui attività è stata ripercorsa dalla relazione di Antonio Batinti a questo convegno di Castiglione del Lago del 18 Maggio 2013. Attraverso ricerche sul campo, incontri, congressi, pubblicazioni ed attività museali, mi è stato possibile redigere un atlante dei tipi, ormai prossimo al completamento.


– Figura 11. Gaspar Van Wittel, veduta del Tevere al Ponte Sisto (1681 – 1683).

L’indicazione dei nomi dei tipi navali sulla carta topografica è stata completata dalla ricerca su ogni tipo e varietà, con la schedatura e lo studio tecnico navale, storico ed etnografico – linguistico di ciascuno di essi, nel quadro dell’ambiente tradizionale in cui sono stati costruiti ed impiegati.

Contemporaneamente si approfondivano temi ed aspetti dell’archeologia navale anche delle acque interne, che permettevano di collocare le tecniche costruttive tradizionali in un discorso evolutivo più ampio, soprattutto con lo studio dei documenti neolitici e del bronzo (laghi di Bracciano e di Bolsena, Sarno), arcaici (villanoviani ed etruschi) e di età romana (soprattutto le barche F ed H di Pisa S. Rossore).


– Figura 2a. Termini dialettali relativi alla barca del lago Trasimeno.

Nel quadro delle regioni tradizionali navali ancora vive tra la metà dell’Ottocento e la metà del Novecento, in cui si può suddividere il territorio e le coste italiane, la zona interna tra l’Arno ed il Sele è stata sede di una cultura navale abbastanza uniforme e la sua interazione con il territorio può essere esemplificata dall’idrografia delle acque navigabili, ma anche dalla distribuzione dei traghetti, che erano numerosissimi, prima della costruzione di molti ponti, avvenuta per lo più tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento. Quindi navigazione sui laghi, sulle lagune costiere, sui canali navigabili e sui fiumi, ma anche nei punti del corsi dei fiumi che avevano abbastanza acqua da permettere il galleggiamento ed il movimento di una barca da traghetto, anche se il fiume poteva non essere navigabile con continuità (figura 1).


– Figura 2b. Termini dialettali relativi alla barca del lago di Chiusi.


– Figura 2c. Termini dialettali relativi alla barca del lago di Piediluco.

La ricerca sulla grande regione centrale interna è iniziata appunto dal Lago Trasimeno con l’identificazione precisa dei tipi di barche e dei termini dialettali che qui vengono paragonati a quelli usati sui laghi di Chiusi e Piediluco (figura 2a, figura 2b, figura 2c) ed a quelli del Lago di Bolsena e di Vico (figura 3a e figura 3b).


– Figura 3a. Termini dialettali relativi alla barca del lago di Bolsena.


– Figura 3b. Termini dialettali relativi alla barca del lago di Vico.

Tra i tasselli mancanti alla schedatura delle barche tradizionali delle acque interne vi erano le barche del Lago di Bracciano (la barca e la battana). Ho potuto ricostruire questi tipi grazie all’iconografia nota da tempo, ad alcune notizie recenti, ma soprattutto ad esemplari osservati nel 2004 (figura 4a e figura 4b); essi erano stati rimaneggiati con strutture di ferro e con rivestimento di vetroresina, ma rivelavano ancora le caratteristiche dei tipi tradizionali. La barca (figura 5 e scheda 1) era simile, più piccola e semplificata nella parte di poppa, a quella del Lago di Bolsena e rispetto ad essa aveva il sistema di voga con due scalmi simmetrici sui due capodibanda. La battana (figura 6 e scheda 2) era strutturalmente simile alla barca, tuttavia la prua non aveva l’asta, ma lo specchio, come sul Lago di Vico e soprattutto come sul Tevere. Questa battàna sembra sia stata introdotta sul Lago di Bracciano poco prima dell’ultima guerra, stando alla documentazione pittorica e fotografica.


– Figura 5. Barca del Lago di Bracciano (v. – figura 4a).

I legnami impiegati in origine erano in accordo anche con la tradizione del Lago di Bolsena: olivo o pesco per le strutture, abete per il fasciame e pino o larice per l’interno del capodibanda e le panche. La loro nomenclatura dialettale si ricollega a quella dei laghi di Bolsena e di Vico (figura 3a e figura 3b): punta, culatta, per prua e poppa a specchio, piro e piràja per scalmo e scalmiera ed altrettanto dicasi per il metodo costruttivo: esso è basato sostanzialmente sulla conformazione dello scafo sulla forma e sulla struttura del fondo, attorno a cui vengono montate e conformate le sponde. Sui laghi umbri (Trasimeno, Chiusi, Piediluco) questa tecnica è particolare, in quanto è una parte del fondo, l’uscio, fatto con tavole trasversali, che costituisce la base per la costruzione (figura 7), mentre sugli altri laghi questa funzione è esercitata dall’intero fondo, preformato con tavole longitudinali unite da un numero maggiore di traverse.


– Figura 6. Battàna del Lago di Bracciano (v. – figura 4b).

Questa barca e questa battana del Lago Sabatino sono rimaste sostanzialmente invariate dal Secolo XV – XVI, come mostrano gli affreschi della scuola di Antoniazzo Romano nella Sala d’Ercole del castello Orsini Odescalchi di Bracciano (1491 – 1500) e l’affresco della Battaglia d Ostia di Giulio Romano in Vaticano (1520). È una continuità tipologica che si nota anche per le barche del Trasimeno (Matteo dell’Isola 15, descrizioni di Giovanni Campano 1457), di Piediluco (fregio di S. Francesco, fine del XIII secolo) e dei barchini e navi da traghetto di Firenze (veduta della Catena, 1470), come se la tradizione avesse cristallizzato tipi piuttosto antichi.


– Figura 7. Fasi costruttive della barca del Lago Trasimeno.

Il metodo costruttivo ci riporta ancora più indietro, all’origine della costruzione a partire dalla zattera primigenia, di cui il fondo, in ognuno di questi casi, in Umbria e nel Lazio, ne mantiene la forma strutturale. È un concetto riconosciuto da tempo ed esplicitato anche dallo scoordinamento tra le strutture orizzontali (traverse, dragoni, matèi) e quelle verticali (peducci, coste, matèi); la semplicità del sistema ed il fatto che molti esemplari siano stati costruiti da maestranze non specializzate in costruzioni navali, fa pensare ad un ripiegamento su metodi arcaici. Il segno distintivo della funzione del fondo come elemento di conformazione dell’intera barca è dato dal fatto che le sponde siano fissate attorno al fondo e lo racchiudono. Invece il barchino di Fucecchio, le navi da traghetto dell’Arno e la barca della Barcaccia di Valfabbrica (figura 10) hanno il fondo che sporge da sotto le sponde, il che vuol dire che il suo rivestimento può essere stato messo dopo la conformazione delle sponde e del volume generale dello scafo, un po’ come nella costruzione dei battèlli veneti e padani. Analogamente troviamo il fondo che sporge da sotto le fiancate in una versione locale, adattata al turismo, della barca sul Lago di Albano (figura 9), diversamente dalla struttura originale con il fondo racchiuso dalle fiancate. Il senso di queste differenze potrà essere più chiaro quando si potrà dipanare la matassa dei tipi fluviali e delle loro origini, a volte tradizionali in senso proprio, ma a volte forzate dal turismo o dall’introduzione di tipi navali industriali.


– Figura 10. Barca da traghetto alla Barcaccia di Valfabbrica.

Ma, anche avendo riconosciuta l’origine dalle zattere di alcuni tipi navali tradizionali, si nota in queste barche una robustezza longitudinale, che spesso pare fare a meno delle strutture interne. È il caso della naue di Posta Fibreno e della barca alla pescatora di Piediluco (figura 2c). In queste è chiaro che la probabile zattera originaria ha avuto apporti culturali da altre soluzioni. Si tratta della monòssile, o piroga, che nelle nostre acque è documentata dal Neolitico al Medioevo. In particolare la forma delle monòssili di Passignano, datate al 1200, mostra una coabitazione tra le monòssili stesse e le barche derivate dalle zattere, con una reciproca influenza: la forma della sezione quadrangolare delle monòssili (ad imitazione di quella delle barche di tavole, come nel caso dello zòppolo istriano – dalmata) e, appunto, la mancanza di strutture trasversali di qualche importanza, nel caso delle barche sopra ricordate. Occorre notare inoltre che la sezione quadrangolare delle monòssili di Passignano si ritrova, in epoche molto distanti, a Sarno nell’età del Bronzo, nel Lago di Nemi forse di età romana ed a Bièntina, di età forse altomedioevale, a conferma di una sostanziale uniformità di tipi, che pare accompagnare quella delle barche antiche (come la barca H di Pisa) e tradizionali di tavole dei nostri laghi.


– Fugura 8a. Ricostruzione di una barca a fondo piatto, tipo barca H di Pisa, da lampade etrusche (Vulci, Veio) e da pitture vascolari attiche.

Questo non vuol dire che non vi fossero soluzioni diverse e difatti troviamo monòssili con lo scafo a sezione tonda nel Lago di Bracciano fin dal neolitico e di Bolsena in età del bronzo e poi simili scafi si ritrovano nelle le terrecotte villanoviane ed etrusche (figura 8a, figura 8b e figura 8c), nella la barca di Pisa F, ad esse paragonabile, o nella monòssile del Sasso di Furbara (Cerveteri), che ha uno scafo accuratamente carenato. Questi scafi a sezione tonda appaiono, a prima vista, di tipologia più antica di quelle con sezione rettangolare e si riconducono più tardi alla navigazione mediterranea, la stessa che in età romana ha portato tipi di barche evoluti sui laghi di Piediluco e di Nemi (ad accompagnare le due grandi navi), oltre che sul medio e basso corso del Tevere.


– Fugura 8b. Ricostruzione di una barca a fondo tondo, tipo terrecotte di Capena e Falerii e barca F di Pisa.

Nelle figure 8a, 8b e 8c sono indicati tre tipi ascrivibili all’età proto etrusca e che ci riportano appunto ai due filoni evolutivi accennati: la barca di tavole a fondo piatto, con le sue sinergie con le monòssili, il suo paragone con simili evoluzioni avvenute in Sardegna e sul Mare Egeo, e poi la barca a fondo tondo, altrettanto collegata con l’evoluzione dalla monòssile, come i modelli di terracotta di Capena e la barca F di Pisa, ma anche legata ai tipi marittimi, come nel caso dell’ipotesi sulla barca dell’olla di Bisenzio.


– Fugura 8c. Ricostruzione di una barca a scafo tondo, del tipo raffigurato sull’olla di Bisenzio.

Ma se per i tipi di piccole dimensioni è possibile identificare un percorso evolutivo abbastanza lineare, dalla zattera e dalla monòssile, o con interazione di entrambe, è meno documentata, ad esclusione del Trasimeno, la posizione e talvolta anche la natura delle barche di dimensioni maggiori, o di quelle riconducibili alle costruzioni navali colte. Di queste ultime, come accennato, abbiamo suggerimenti interessanti di età romana (Piediluco, Nemi) e moderna (Sec. XVII – XIX a Roma), fino alla sostanziale uniformità di tipi imposta sull’Arno dai cantieri di Limite, agli elementi colti riconoscibili nel barchino di Fucecchio e nel navicello livornese.

Sul Lago di Bracciano è documentata, nel primo Novecento, una barca di dimensioni fino agli 11 metri di lunghezza, che era molto simile alla barca del Lago di Bolsena, ma di dimensioni maggiori e con la struttura simile, cioè troviamo anche qui un rapporto con la barca, simile a quello che c’era sul Trasimeno tra la il barchètto del gorro ed il navigiuolo.

In questo caso è utile accennare al fatto che sul Lago di Bolsena, diversamente dagli altri laghi, e dalla maggior parte dei fiumi, si usava una vela tarchia semplificata e stesa tra l’albero (puntòne) e la struzza (puntoncèllo) ; è un aspetto unico, che riporta ad epoche antiche come l’età romana. Tale vela tarchia era usata anche sul basso corso dell’Arno e sul Lago di Massaciuccoli dai barchètti e dai navicèlli, mentre ad Orbetello e sul basso corso del Tevere si usava la vela latina. La vela tarchia pare provenire dal Mare Tirreno, dove era comune: la si trovava appunto con continuità dal Mar Ligure alla Sicilia e sul Mare Jonio, mentre non compare sull’Adriatico.

Riguardo al sistema di voga, sul Trasimeno e sul Lago di Bolsena si usava una voga asimmetrica, con uno scalmo indietro a sinistra e due scalmi a destra a metà barca; se ne trova qualche esempio anche sul Lago di Bracciano, quando la tipologia di barca, di dimensioni medio-grandi, è simile a quella del Lago di Bolsena. In atre parti d’Italia troviamo questa voga solo sul Lago d’Iseo ed ancora non è chiaro il motivo di tale distribuzione.

Mentre il discorso navale tecnico e culturale per gli ultimi 500 anni, è abbastanza uniforme e lineare sui nostri laghi, anche quando il ferro sostituì il legno dopo la seconda guerra mondiale, la situazione si complica quando si esamini la situazione dei fiumi. Vi sono, a macchia di leopardo, ambienti costruttivi affini a quelli dei laghi vicini, con l’uso di barche dei laghi sul fiume, ma anche manifestazioni diverse. La ricerca è complessa, in quanto, ad esempio è ancora difficile identificare cantieri fissi da cui trarre informazioni di prima mano; l’argomento dei costruttori e dei cantieri è ancora da approfondire, in quanto molti sono scomparsi (come Roberto Baldoni di Tuoro) e nei documenti storici difficilmente compaiono. Inoltre alcune diversità strutturali delle imbarcazioni suggeriscono l’opera di maestri d’ascia itineranti, ad esempio, dai cantieri dell’Arno e da quelli del basso Tevere; in altre situazioni, come attorno ad Umbertide, sui laghi di Bolsena e di Bracciano, vi è stata una semplificazione dei sistemi costruttivi da parte di falegnami, o di fabbri, per gli scafi in ferro, piuttosto che di costruttori di barche professionisti.

Di queste diversità si possono indicare alcune linee (figura 1).


– Figura 1. Carta dei tipi navali tradizionali delle acque interne in Italia Centrale. L’estensione alla Romagna è per sottolineare la profonda differenza tra la battana romagnola e quella tra il Tevere e il Lago di Bracciano.

Barche grandi: l’ultima studiata è la barca alla Barcaccia di Valfabbrica, sul Chiascio, che è affine alle navi da traghetto dell’Arno (Nave a Rovezzano, Nave a Brozzi, … ). Altre imbarcazioni da traghetto di dimensioni medio – grandi erano usate sul basso corso del Tevere e si chiamavano scafe, la cui natura poteva essere diversa in funzione dei diversi apporti tradizionali che si intersecavano lungo il corso del fiume. Di questi abbiamo dai disegni e dai dipinti che risalgono fin dai tempi del Ghirlandaio alla Cappella Sistina, e poi dal Van Wittel, dal Piranesi, dal Roesler Franz e dagli scritti del Guglielmotti. Corollari a questi documenti sono le raffigurazioni di Foiano della Chiana e di Deruta, che mostrano una presenza capillare di queste barche medio – grandi anche in ambienti molto più a monte della capitale.

Barche analoghe a quelle del Trasimeno: attorno ad Umbertide (Collepepe), traghetto di Marsciano che impiegava una barca simile al barchètto del gorro del Trasimeno. Un esemplare simile è segnalato negli anni ’80 sul Tevere a valle di Roma.

Barche “quadrate” con struttura semplificata: Alta Valle Tiberina, sia di legno, che di ferro (Ramiro di Umbertide, e Umbertide), con forme tendenzialmente quadrangolari. Dopo la guerra si è diffuso l’uso di barche di ferro (come nel caso del Lago di Bolsena), spesso con la forme delle barche tradizionali, ma altre volte recuperate da attrezzature militari o costruite come dei cassoni.

Distribuzione dei tipi barca e battana tra il Lago di Bracciano, il Tevere a Roma ed il Lago di Albano. La barca simile a quella di Bracciano si trova sul Lago di Albano e si ha l’impressione che essa sia stata lì la barca più propriamente tradizionale. Ne vidi alcuni esemplari nel 1999 a Catelgandolfo, ridotti allo stato di relitto e semiaffondati, e un’intervista presso la Cooperativa Catarci di qualche anno prima ha confermato che i tipi usati per la pesca erano sostanzialmente due: la barca e la battana. Di quest’ultima è stato riferito il nome di battàna fiumarola cioè a dire la barca del Tevere con specchi a prua ed a poppa, ma non ne ho visto esemplari sul Lago di Albano. Questa barca del Tevere era sostanzialmente simile a quella di Anguillara Sabazia, ma con scafo in proporzione più basso e largo, più adatto al fiume e la si trovava almeno da Orte alla foce.

Forse una semplificazione analoga a quella avvenuta sul Tevere e la pressione culturale e dialettale esercitata dalla Capitale hanno contributo a fare accettare anche sui Laghi di Bracciano e di Vico la versione di barca con gli specchi (culate) a prua ed a poppa, detta appunto battana, che si differenzia da quella di Roma per le proporzioni più alte e strette e per la maggiore curvatura del fondo. Tra l’altro viene considerata inferiore dal punto di vista nautico, rispetto alla barca di Bracciano con la prua ad asta.

Il riconoscimento di questi filoni passa attraverso la conoscenza delle tecniche costruttive e del vocabolario dialettale delle parti e il caso del Lago di Albano è molto istruttivo in questo senso: la terminologia non è così “limpida” come sugli altri laghi (dal Trasimeno al Sabatino), in quanto è evidente l’influenza dei termini provenienti dall’italiano corrente o dalla terminologia militare. Si trovano parole come sàndalo, lancia, zatterone, che non hanno riscontro nella tradizione.

Ritengo che la scarsa navigabilità del Tevere, con il suo frazionamento degli ultimi secoli, abbia impedito lo stabilirsi di una forte tradizione costruttiva unitaria paragonabile, ad esempio, a quella del Po, per cui ad una tradizione debole si sono sovrapposte infiltrazioni locali di tecniche, tipi e termini forestieri, legati a migrazioni interne o ad altri eventi storici.


– Figura 9. Barche post tradizionali del Lago di Albano – foto Merisio (c.a. 1970).

Si nota quindi, tra i fossili guida, che la giunzione tra il fondo e le sponde, passa dal tipo del Trasimeno, Bolsena e Bracciano (fondo racchiuso dalla sponde) a quello di Valfabbrica o di alcune barche grandi di Roma (sponde appoggiate sul fondo, che sporge leggermente sotto di esse) con una distribuzione, che ora è ancora da approfondire. Ad esempio, a conferma di quanto detto prima sugli influssi “cittadini” sul Lago di Albano, si trovavano, negli anni ’70, barche ad uso turistico, simili a quelle tradizionali, ma con il fondo che sporgeva da sotto le fiancate, diversamente da quello delle barca tradizionale (figura 9).

La ricerca continua per esplorare i particolari di questa storia e questa ricerca non potrà essere individuale, ma per produrre risultati dovrà essere approfondita da iniziative coordinate. Le strutture per tale ordinamento ci sono: oltre ai ricercatori individuali vi è l’Atlante Linguistico dei Laghi Italiani, che ha patrocinato la formazione dei Musei di S. Feliciano e di Passignano, vi sono il Museo della Navigazione di Capodimonte (VT) e il Museo “Augusto Montori” di Anguillara Sabazia (RM), che ha in programma il recupero delle barche locali.

È auspicabile un coordinamento tra queste iniziative, attraverso l’ALLI ed anche attraverso un forum sul sito internet dell’Associazione Recupero Barche Interne Tradizionali (Arbit), che ha ideato questo incontro.

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Illustrazioni (i disegni sono tutti dell’autore)

Figura 1: Carta dei tipi navali tradizionali delle acque interne in Italia Centrale.
L’estensione alla Romagna è per sottolineare la profonda differenza tra la battana
romagnola e quella tra il Tevere e il Lago di Bracciano.

Figura 2a: Termini dialettali relativi alla barca del lagoTrasimeno.

Figura 2b: Termini dialettali relativi alla barca del lago di Chiusi.

Figura 2c: Termini dialettali relativi alla barca del lago di Piediluco.

Figura 3a: Termini dialettali relativi alla barca del lago di Bolsena.

Figura 3b: Termini dialettali relativi alla barca del lago di Vico.

Figura 4a: Barca del Lago di Bracciano (2004).

Figura 4b: Battàna del Lago di Bracciano (2004).

Figura 5: Barca del Lago di Bracciano (v. Figura 4a).

Figura 6: Battàna del Lago di Bracciano (v. Figura 4b).

Figura 7: Fasi costruttive della barca del Lago Trasimeno.

Figura 8: Ricostruzione di alcuni tipi di barche proto etrusche:

Figura 9: Barche post tradizionali del Lago di Albano (c.a. 1970).

Figura 10 : Barca da traghetto alla Barcaccia di Valfabbrica.

Figura 11: G. Van Wittel, Veduta del Tevere al Ponte Sisto (1681 – 1683).

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Scheda N. 1: Dati della Barca del Lago di Bracciano (vedi Figura 4a e Figura 5)

Tipo di imbarcazione Barca
Località Trevignano Romano
Lunghezza m. 4,10
Larghezza m. 1,50
Altezza a prua m. 0,63
Altezza a poppa m. 0,53
Altezza alla sezione maestra m. 0,45
Sporgenza della prua m. 0,60
Sporgenza della poppa m. 0,03
Cavallino a prua m. 0,10

Cavallino a poppa m. 0,07

Larghezza del fondo piatto (piano) m. 1,10
Numero ordinate 4

Distanza tra le ordinate m. 0,70 – 1,0
Spessore delle ordinate m. 0,03
Numero delle traverse 6

Sezione dei madieri (traverse) m. 0,025 – 0,09

Distanza tra i madieri m. 0,05

Numero dei bagli 2 panche
Dimensioni specchio di poppa m. 1,10 x 0,70 x 0,45 (L x l x h)
Spessore del fasciame cm. 2,5
Numero dei remi e dimensioni 4 lungh. m. 2,60, pala m. 1,20
Pali di spinta numero e dimensioni si usano i remi
Alberi No
Vele No
Timone (tipo, dimensioni) No
Manovre Remaggio a remi pari, 2  o in coppia (4), con 2 scalmi
simmetrici per parte
Ancora pietra legata ad una cima, cima di ormeggio legata all’anello
di prua
Legnami impiegati attualmente mogano e 2 ordinate in ferro, ma in origine:
fasciame: abete, matèi, asta e cianchètti: ulivo e pesco, listone
d’impavesata: pino o larice.
Colore attualmente rivestita in vetroresina dipinta di bianco e
celeste, in origine nero di pece l’esterno sotto il capodibanda, cinta
bianca, il resto legno naturale
Portata 2 – 3 uomini
Impegno Pesca
Data di costruzione c.a. 1950
Proprietario Ristorante Acquarella
Luogo di costruzione Bracciano
Costruttore Falegnameria e non cantiere
Sezioni di riferimento Maestra e specchio di poppa
Posizione Sezione maestra a m. 1,70 dallo specchio di poppa
Varie Il proprietario del ristorante era pescatore, il quale ha
fatto rifare la barca varie volte: alcune strutture devono essere
ricostruite archeologicamente, ma l’impianto tradizionale è rimasto
Allegati 3 fotografie; 2 schizzi
Disegni rielaborati N° 1, Figura 5
Data del rilevamento 9 luglio 2004
Rilevatore M. Bonino
Data 30 aprile 2013


– Figura 4a. Barca del Lago di Bracciano (2004).

Scheda N. 2: Dati della Battàna del Lago di Bracciano (vedi Figura 4b e Figura 6)

Tipo di imbarcazione Battana
Località Anguillara Sabazia
Lunghezza m. 4,05
Larghezza m. 1,40
Altezza a prua m. 0,70
Altezza a poppa m. 0,72
Altezza alla sezione maestra m. 0,50
Sporgenza della prua m. 0,03
Sporgenza della poppa m. 0,03
Cavallino a prua m. 0,14
Cavallino a poppa m. 0,12
Larghezza del fondo piatto (piano) m. 1,10
Numero ordinate 4 (5?)
Distanza tra le ordinate m. 0,50 – 1,0
Spessore delle ordinate m. 0,03
Numero delle traverse 6
Sezione dei madieri (traverse) m. 0,09 – 0,025
Distanza tra i madieri m. 0,50
Numero dei bagli 2 panche
Dimensioni specchio di poppa m. 1,10 x 0,70 x 0,47 (L x l x h)
Dimensioni specchio di prua m. 0,65 x 0,45 x 0,46 (L x l x h)
Numero dei remi e dimensioni 4 lungh. m. 2,60, pala m. 1,20
Pali di spinta numero e dimensioni si usano i remi
Alberi No
Vele No
Timone (tipo, dimensioni) No
Manovre Remaggio a remi pari, 2  o in coppia (4), con 2 scalmi
simmetrici per parte
Ancora pietra legata ad una cima, cima di ormeggio legata all’anello
di prua
Legnami impiegati Abete per il fasciame (coperto dal rivestimento in
vetroresina), i madieri e le ordinate in origine erano di ulivo e di
pesco. Pino o larice per il listone dell’impavesata e per i sostegni
delle panche (probabilmente). Ora ci sono 4 ordinate in ferro
Colore Ora vetroresina verniciata in celeste e bianco, in origine
nero di pece l’esterno sotto il capodibanda, cinta bianca e il resto
legno naturale.
Portata 2 – 3 uomini
Impegno Pesca
Data di costruzione c.a. 1960
Luogo di costruzione Anguillara Sabazia
Costruttore Falegnameria e non cantiere
Sezioni di riferimento Maestra e specchio di poppa
Posizione Sezione maestra a m. 1,70 dallo specchio di poppa
Varie Fasciame spesso 2,5 cm; sezione della cinta: cm 8 x 1; ordinate larghe 2,5 cm all’impavesata
Allegati Fotografie N. 3; schizzi N. 2
Disegni rielaborati N° 1, Figura 6
Data del rilevamento 10 luglio 2004
Rilevatore M. Bonino
Data 30 aprile 2013


– Figura 4b. Battàna del Lago di Bracciano (2004).

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A. Nesi, La pesca nella laguna di Orbetello, Monografie dell’ALLI, N. 2, Firenze.

M. G. Nico Ottaviani, 2008, Statuti, territorio ed acque nel Medioevo. Perugia e Marsciano, Tevere e Nestore, CISAM, Spoleto (Cap. III e Appendice: Mulini, navi e traghetti).

P. Petitti (curatrice), 2009, Sul filo della corrente, la navigazione nelle acque interne in Italia Centrale dalla preistoria all’età moderna, Comune di Capodimonte, Museo della Navigazione nelle Acque Interne, Montefiascone, contributi di:

  • P. Petitti et alii, Le piroghe monòssili del Lago di Bolsena, pp. 9 – 38.
  • M. C. Biella, Tra fiume e mare, Su alcune testimonianze di navigazione nella media Val Tiberina di VII sec. a. C., pp. 83 – 90.
  • A. Savi Scarponi, Lungo le sponde, ricognizione sulle sponde del Tevere tra Riano e Bomarzo, le antiche attività sul fiume desumibili dai dati emersi dalla ricerca in superficie, pp. 99 – 116.
  • F. T. Fagliari Zeni Buchicchio, Navigazione e traffici nelle acque interne del Lazio settentrionale tra il XV ed il XVIII secolo, pp. 133 – 154.
  • A. M. ed E. Conti, Il Museo della Navigazione nelle Acque Interne di Capodimonte, pp. 167 – 204.

N. Uguccioni, 1986, Il Lago di Piediluco, “Monografie dell’ALLI”, N. 1, Firenze.



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