Bonaparte e l’invenzione della Lasca del Trasimeno o Leuciscus Trasimenicus

Bonaparte e l’invenzione della Lasca del Trasimeno o Leuciscus Trasimenicus

Carlo Luciano Bonaparte,1 Iconografia della Fauna Italica per quattro classi degli animali vertebrati, Tomo III, Pesci, voce Leuciscus Trasimenicus, Roma, 1832-1841.

Leuciscus trasimenicus quest’altra nuova specie2 appelliamo, non tanto perché si trovi in quell’unico lago, o perché quel lago non alimenti altro Leucisco che questo, ma sì vero perché ivi abonda3 sì fattamente che la sua fruttuosissima pesca è un provento non lieve del nostro fisco, e soggetto di particolare statuto.

Di colà sotto il nome esclusivo di Lasca carreggiasi perfin sulle rive dell’Adriatico e del Tirreno a facilissimo mercato.

Si desidera per bontà di carne spezialmente in frittura quando la femmina è piena delle uova, ed il maschio s’intende di fecondarle, nel qual tempo però n’è saggiamente proibita la pescagione.

Il magistrato municipal di Perugia aveva una volta provveduto che in ogni sabato potessero i poveri cibarsi di Lasca per vilissimo prezzo, e nella vigilia del divin Natale n’avessero la dispensa gratuita; ma questi usi furono cancellati da instituzioni straniere.

La pesca se ne fa in diverse fogge, ma più solenne si è quella cui dicono della Nave, che cade appunto ne’ primi mesi d’inverno accompagnata da feste e da tripudio.

Son già piantate in parecchie direzioni dalla riva fin sull’alto del lago alcune coppie di rastelli di pali distanti tra loro circa due braccia, nel quale intervallo i pescatori gittano minute legna e sarmenti da formar nascondigli.

Poscia tendono al di fuori due reti lunghe quanto i rastelli suddetti, fermandone un lato ad altri pali discosti circa tre braccia, e sommergendo l’altro sino in fondo dell’ acqua, in sì fatta guisa che l’una e l’altra rete così curvate formano quasi il ventre di una nave, cui tien luogo di carena la palafitta di mezzo.

Non prima il freddo punge quelle acque, che le Lasche van sollecite a rimpiattarsi tralle fascine: e quindi i pescatori montati sugli schifi s’introducono ne’ rastelli di mezzo vuotandone la stipa; dal che turbate e spaventate le Lasche fuggono per gl’interstizj de’ pali dentro le reti, dalle cui maglie non possono uscire; e quelli quando si accorgono di averle tutte cacciate, alzano bel bello fuor d’acqua i fianchi sommersi di esse reti. Formatosi così nel mezzo loro un gran sacco, in cui si raduna la preda, lo tirano a riva con più migliaja di libre in ciascuna tratta.

Il profilo del dorso è poco convesso fin quasi a mezzo tronco, e poscia rettilineo fino al termine: quello del ventre è similmente convesso fino al penultimo raggio dell’anale, quindi si avvalla continuando quasi retto fino alla base della caudale.

La parte assottigliata del tronco supera un poco in altezza la più elevata del medesimo, ed è quasi doppia in lunghezza, sorpassando di una metà lo spazio occupato dalla pinna anale, e costituendo la settima parte dell’animale. La maggior altezza che si trova sopra le ventrali vien compresa quattro volte e tre quarti nella lunghezza totale, e la grossezza avanza di poco la metà dell’altezza. Il capo, un pochin più lungo di quanto è alto il pesce, ha forma presso che triangolare, e tanto la linea superiore quanto la inferiore s’uniscono senza risalto ai rispettivi profili del dorso e del ventre: la prima discende quasi piana, l’altra s’incurva alcun poco, alzandosi verso la punta del muso acutamente rotondato, che trovasi sulla media orizzontale del pesce.

La bocca è piccolissima; gli angoli del suo squarcio molto obliquo e volto decisamente all’insù, oltrepassano appena la metà della distanza tra la punta del muso e l’occhio: la mascella inferiore mostrasi alquanto più lunga della superiore.

Il diametro dell’occhio vien contenuto sole tre volte e tre quarti nella lunghezza del capo; men di un diametro si trova tra la punta del muso e il margine anteriore dell’orbita, e poco più di uno tra un occhio e l’altro.

L’opercolo è marginato triangolarmente con l’angolo molto rotondato; similmente lo è il preopercolo, ma con l’angolo più in basso e meno smussato.

La linea laterale segue per buon tratto un andamento convesso, quindi è quasi retta fino al termine del tronco, e là dove interseca la maggior altezza, dista un terzo dal profilo del ventre.

Le scaglie sono sottilissime, presso che semicircolari, leggermente convesse nell’estremità che aderisce alla cute, più cospicuamente raggiate che negli affini, e col punto onde partono i raggi retroposto quasi presso alla circonferenza: tredici sono le serie in cui vengono disposte le dette scaglie, sette delle quali al di sopra di quella per cui passa la linea laterale che ne conta quarantadue.
Alla metà del pesce, esclusa la caudale, nasce la pinna dorsale, il cui secondo raggio misura quasi tre quarti della lunghezza del capo; l’ultimo giunge solo alla metà del primo: estendesi la di lei base per due terzi dell’altezza del più lungo raggio.

Le pettorali s’intestano sotto l’opercolo anteriormente alla di lui estremità, e giungono a tal distanza dalle ventrali quanta è quasi la metà della lunghezza loro: esse ventrali escon sotto la dorsale un terzo più lungi dall’inserzione delle pettorali che da quella dell’anale, e sono un sesto circa più brevi di queste.

La distanza dell’anale dalle ventrali è appena un quarto della lunghezza loro: il primo suo raggio, lungo il doppio dell’ultimo e un poco più della base, misura due terzi del primo raggio della dorsale.
La caudale stende pochissimo più del capo.

Superiormente è un verdognolo chiaro alquanto più vivace sul capo, e degradante assai rapidamente in argenteo che rifulge meglio sul ventre.

Le pinne del dorso e della coda sono quasi del colore del tronco; le pettorali, le ventrali e l’anale sono ordinariamente decolori, ma inoltrando la primavera tingonsi a gradi a gradi di un delicato vermiglio, non mai però così intenso come il cinabro del Leuciscus rubella.

Filtrando talvolta questo bel colore nelle parti circonvicine le tinge più o meno di se; più raramente invade l’intero pesce, d’onde le meravigliose Lasche rosse che di tempo in tempo rallegran le reti.
Lo scheletro componesi di 37 vertebre e 18 paja di costole.

L’esemplare descritto misurava quattro pollici e tre linee, che raramente oltrepassa, pesando generalmente un terzo di oncia, quantunque registrinsi individui portentosi di quattr’oncie e più.

Depone le uova a mezza primavera tra i raduni di piante secche, nelle quali nascondesi d’inverno.
I Perugini, i quali, toscanamente come in tante altre cose, dicono Lasca del Tevere il nostro L. squalus, il cui giovane è qui figurato per conoscerne le differenze, chiaman questo lor pesce Lasca del lago, Laschetta.

SQUALIUS virescenti-argenteus, longitudine altitudinem quintuplo paullum superante: capite acutiusculo, corporis altitudine sublongiori: ore subsupero: spatio interoculari oculo vix majori: pinnis inferioribus decoloribus, nuptiarum tempore rubescentibus: dorsali ventralibus opposita, humili, subtruncata.

D. 10. P. 16. V. 9. A.10. C. 20. Lin. lat. sq. 4o. ser. 14. 8/5

Gardonus lacus Perusini, Bellon, Aquat. lib.4 p. 317. Id. Nat. At Pourtr. Poiss. Lib. i. p. 317. Lasca, Gambini, Lago Trasim. Pag. 77.

Carlo Luciano Bonaparte Principe di Canino e Musignano, socio delle principali Accademie scientifiche di Europa e di America

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(1) Per la biografia di Carlo Luciano Bonaparte (Charles Lucien Jules Laurent Bonaparte) si rimanda alla voce curata da Fiorella Bartoccini nel Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 11 (1969).

(2) In realtà la lasca del Trasimeno – Leuciscus trasimenicus di cui scrive Bonaparte è considerata dagli ittiologi una forma locale della rovella (Rutilus rubilio).

(3) La lasca è scomparsa dal lago Trasimeno nel secolo scorso, le cause, non del tutto chiare, sono riconducibili all’immissione di specie alloctone e ai cambiamenti di tipo ambientale.



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