11 Dic La pesca con la fiocina
di Giovanni Cetti
La Fiòcina o pettinella (vulg. frosna) è uno strumento di ferro a molte punte o denti, la cui origine risale a remotissima età. Si prende una bacchetta di ferro lunga da 40 a 60 centimetri, che dall’una parte termina in un piccolo barbuccio a forma di freccia, e dall’altra in un tronco di cono. Circa 10 o 12 centimetri sopra la freccia evvi una apertura oblunga, in cui s’intromettono altre bacchette che alle estremità portano due mezze freccie ripiegate ad angolo retto: le loro punte cadono sulla stessa retta della freccia di mezzo, e distano fra loro da 2 a 3 centimetri. Le punte sono comunemente dalle cinque alle nove. Un piccolo cuneo nell’apertura superiormente alle bacchette, a colpi di martello ne forma un tutto solido. Nel tronco di cono s’intromette un manico di legno, cilindrico, aggravignabile, lungo circa un tre metri. All’altro estremo del bastone si attacca una funicella (fig. 51).
Percuotendo il pesce con questo arnese, gli acuti denti entrano nelle carni, e le piccole freccie impediscono che possa fuggire. Si prendono tutte sorta dr pesci.
Nei mesi di aprile e di maggio, allorché i pighi si danno all’amore, il nostro lago, specialmente laddove le sponde s’ergono scogliose e dirupate, presenta bellissimo spettacolo.
Tulli i giorni, e di più se il giorno è festivo, ogni riva, ogni balza o seno di scoglio porta un infinito numero di persone che di tridenti armali e di fiocine, e l’occhio attentissimo alla superficie delle acque, stanno in alto di vibrare il colpo al primo pigo che si mostra. A chi nol sapesse rendono immagine d’una falange di valorosi che di pie fermo aspettano l’inimico per ribatterlo dalle patrie mura. Vi nascono casi pieni di allegri accidenti, e l’animo si riempie di meraviglioso piacere. [1]
I pighi sentono molto l’influenza atmosferica, quindi o anticipano la frégola, o la ritardano, secondo che corre un tempo più o meno caldo. Depongono le uova sopra i sassi, o lungo i muri e gli scogli; ed i piccoli cavedani ed i trulli amano mangiarne le nova, ed allorquando si veggono in qualche luogo molti cavedanelli gir col muso sovra i sassi, è certo indizio ch’ivi i pighi depositano i loro parti. La pesca del pigo è facile, ma perché il colpo non vadi fallito è necessario aspettare che il pesce sia fermo, e per lo pia si colpiscono mentre il maschio e la femmina avvicinati, e intenti a far all’amore, più non veggono quanto accade loro d’attorno. Spesso se ne colgono in un sol tiro due ed anche tre.
Ma la vera pésca colla fiocina si fa allorché si pesca al frugnuolo (vulg. a frangella). Già nel cielo è apparsa l’oscura notte, l’ora è propizia, tranquillo è il lago, nl LUN lo inargenta di sua melanconica luce. Sulla prora di un battello, entro un paniere di ferro si desta vivo fuoco, che si nutre con panelli d’olio d’olivo, o con brandelli di legna secca. Il fuoco si pone dalla banda verso l’alto del lago, ed il pescatore pesca dalla parte verso la sponda. Il barcaiuolo non deve vedere il fuoco, poiché la viva luce abbarbagliandolo, lo confonderebbe nella direzione della barca. Questa se ne va terra terra, mentre un esperto peccatore seduto sulla prora, armato di fiocina, al chiarore del fuoco spia attentamente il fondo del lago. Non appena scorge qualche pesce che al bagliore della fiamma sta immobile e come abbagliato, lancia la fiocina, e raro è che colpo cada in fallo.
Si prendono ogni sorta di pesci, bottatrici, anguille, tinche, trote, ecc. Talora la pescagione riesce assai vistosa, e sovente qualche grosso pesce cade sotto i colpi dell’abile pescatore. La pesca a frugnuolo si fa quasi in tutte le stagioni dell’anno, quando il lago è tranquillo, durante la notte, e specialmente nelle ore che precedono il crepuscolo.
I lucci usano talora escir verso la sponda, e starsene lunga pezza cheti cheti sul fondo esposti ai raggi solari. I pescatori con delle fiocine a manico lunghissimo o prolungato, vanno verso i bassi fondi lungo la corona (luogo ove il fondo del lago incomincia a scoscendere) e se ne scorgono qualcuno, lo trafiggono senza che esso si muova dalla sua posizione.
Colla fiocina o col sibiello si prendono pure quei pesci, che talvolta nel nostro lago veggonsi a galla, e che, se loro ti avvicini, fuggono, rimanendo pur sempre alla superficie delle acque. Quei pesci, dicesi fra noi, hanno preso óra (ciappà óra), ossia la loro vescica natatoria si è riempita di aria, di cui per non so qual malattia più non può svuotarsi ad arbitrio dell’animale.
Le fiocine possono anche avere una forma differente della suddescritta, comunemente usata fra noi (fig. 52). Evvi pure la fiocina per prendere i gamberi, formata di un uncino per smuovere i sassi sotto cui si appiattano, e di tre o quattro denti per infilzarli.
Nelle calde giornate d’estate sovente i carpioni se ne stanno cheti e sonnacchiosi vicino al fondo esposti ai raggi del sole. Si prende un nodo corsoio di ottone attaccato ad un lungo bastone, si passa il laccio attorno il corpo del pesce, e lo si solleva dall’acqua dalla parte della testa. Questo genere di pesca si usa in alcuni paesi della Francia; ma cred’io che migliore e più sicuro mezzo sia l’uso della fiocina.
Si prendono pure i pesci col mezzo del fucile da caccia, caricandolo di piombi, ovvero introducendo nella canna una bacchetta che alla cima porta un piccolo tridente o fiocina. Un tal genere di pesca è poco o nulla usato sul nostro lago.
In alcuni paesi vicino al mare, per prendere alcune specie di pesci, invece della fiocina, si fa un di un arco, la cui lunga freccia scoccando penetra nelle carni del pesce, sènza staccarsi dall’arco stesso.
[1] Monti, Ittiologia ecc.
- Questo brano è tratto dal volume dell’Ing. Giovanni Cetti, Il pescatore del Lario, descrizione delle reti e dei vari generi di pesca in uso sul lago di Como, pubblicato a Como nel 1862, dagli editori Carlo e Felice Ostinelli, pp. 99-103.