Mostra fotografica: storia di barche

Mostra fotografica: storia di barche

L’associazione Arbit è lieta di aver contribuito alla mostra fotografica allestita al piano nobile di Palazzo della Corgna e ottimamente organizzata dal personale della biblioteca comunale di Castiglione del Lago.

L’esposizione è una delle tappe di Fiori di vita e di bellezza spenti da un tragico destino, la serie di iniziative in ricordo della più grande sciagura avvenuta in epoca moderna sul lago Trasimeno: l’annegamento di quattordici giovani donne durante una gita in motoscafo, il 9 settembre 1911.




Chi pensava alla tetra tragedia, alla funerea elegia? Chi pensava che dal riso al pianto fosse tanto breve il cammino? Chi credeva che il Trasimeno nascondesse una fatale sirena che quando abbraccia dà la morte? 

Un’allegra comitiva di donne, delle quali cinque maritate e le altre nove tutte giovanette eleganti e spensierate, si accingeva a fare una passeggiata nel lago, traversandolo, per giungere a San Feliciano, distante oltre dieci chilometri. 

Il cielo sembrava sorridere in tanta gloria di sole, il lago era leggermente increspato da un debole favonio, il motoscafo che doveva portarle, aveva fatto felicemente altre gite, e nel mattino aveva salpato per isola Maggiore. 

Era condotto dal manovratore Enea Fabbroni e dal timoniere Sante Silvi, ai quali si era aggiunto, come gitante, il giovane Guido Patrizi di Terni, figlio del ricevitore marchese Pietro Patrizi già amministratore del Trasimeno, amato da tutti. Il motoscafo, con la lieta comitiva, partì, salutato dai pochi che erano alla riva, e filò felicemente per oltre un chilometro. Una delle signore, paurosa per natura, essendo la brezza un poco aumentata, volle retrocedere. 

Quando furono a poco più di cento metri dalla riva, per un falso allarme dato dalla stessa signora, tutta la comitiva si riversò verso il manovratore e il motoscafo incominciò a prendere acqua nella poppa, e in poco tempo ne fu tutta invasa. Così dal pese dell’acqua, da quello delle quattordici donne agglomerate in un punto solo unito a quello della macchina, del macchinista e del timoniere, il battello in un momento si sommerse, trascinando seco tutti i gitanti. I superstiti poterono lottare, ma furono avvinte da quelle che, per seguire la moda, erano, può dirsi, fasciate con i loro abiti, e subito calarono tutte a fondo. 

Gli uomini guadagnarono la riva spaventati, e fu loro impossibile il salvataggio delle povere naufraghe, strette tra loro dal terribile abbraccio della morte. 

Appena s sparse la ferale notizia, accorsero dal paese tutti, come pazzi, alla riva. 

In poco tempo vennero ripescate le infelici che erano in un gruppo riunite in fondo al lago, le denudarono completamente, e su quei giovani corpi, irrigiditi, fu con energia frenetica eseguito un forte massaggio; furono operate iniezioni, ma quelle povere infelici si erano da parecchi minuti addormentate nel sonno della morte e non fu possibile il risveglio. 

Disperati i molti accorsi, le trasportarono, coprendole alla meglio, su per l’erta scoscesa del colle, e le deposero ciascuna in un letto del nuovo spedale; letto che era stato da quelle misere composto, e che doveva servire per i poveri malati, dopo l’imminente inaugurazione. 

Povero paese! Quanto sarà lungo il tuo lutto! Oh! Verrà ben tardi la rassegnazione, a mitigare il tuo dolore crudele. Il compianto di noi ti seguirà sempre. A ricordo e venerazione dei posteri scrivo con mano tremante i nomi delle infelici vittime della più atroce delle sventure:

  • Mery Avanzati, anni 18
  • Guendalina Scarpocchi, anni 25
  • Sabina Bigi in Rossi, anni 32
  • Alessandra Fabbroni in Lana, anni 29
  • Erminia della Vicina in Girotti, anni 27
  • Gertrude Bianchini in Barbini, anni 26
  • Bruna Picchioni in Barbini, anni 22
  • Isolina Baldetti, anni 16
  • Azelia Baldetti, anni 18
  • Antonietta Baldetti, anni 26
  • Pia del Pasqua, anni 21
  • Iolanda Rosselli, anni 21
  • Anna Monottoli, anni 19
  • Odda Monottoli, aani 21

Il 9 settembre 1911 fu la data nefasta.
Il giorno seguente le salme, riunite in tre feretri, furono condotte al cimitero. Immenso il numero degli interventi; il sindaco, piangendo, disse brevi parole: poi tutti si allontanarono commossi e silenziosi, lasciando quell’asilo della morte, schiuso inesorabilmente per dar ricetto a tanti cari fiori che olezzavano, nella rediviva primavera, sulle rive del Trasimeno, ove persero il fulgore, la fragranza, la vita.

Brano tratto da Giuseppe Marinelli, Il lago di Perugia o Trasimeno, a beneficio della croce rossa italiana, Perugia, Bartelli editore, 1912. pp. 60-63.



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