15 Mar Quale fu l’uso delle reti a sacco sul lago di Como
di Giovanni Cetti
Nelle reti a sacco sono comprese le maggiori reti che si usano sul nostro lago. Alcune constano di due grandi ali, le quali terminano in un gran sacco: altre non hanno il sacco, ma si forma nel levarle dall’acqua. Messa la rete in semicerchio vicino alla sponda, i pescatori la tirano a poco a poco in barca. l pesci che trovansi nel mezzo non possono uscire, e sono costretti entrar nel sacco. Per pescarle si entra in apposite barche dette navi e combalini. Queste reti si usano esclusivamente dai pescatori di professione , perché troppo costose e troppo incomode a pescarsi. Sono di filo grosso a larghe maglie, né si fanno asciugare come le altre reti, ogniqualvolta si estraggono dalle acque, ma solo di quando in quando.
I. Linaio
(vulg. linaa). – Il linaio o linale è una delle reti più usitate dai pescatori del Lario. É di lino, e consta di due grandi ali, lunghe ciascuna circa 25 metri, le quali alla loro unione terminano in un largo sacco, detto cass. Le maglie del sacco sono più strette e spesse, di quelle del restante della rete. Agli estremi delle due ali sonvi attaccate delle lunghe corde di tiglio, dette soga, e le due ale che vanno crescendo in altezza dagli estremi verso il sacco, sono tenute tese verticalmente da grossi soveri alla testa, e da ciottoloni al piede, non che da quattro otri, o pelli di capretto ripieni d’aria, attaccate una al principio ed una all’estremità del sacco, e l’altre due alle soghe lungi pochi metri dalla rete. I soveri e le otri diconsi manteghett.
Con questa rete si pesca solo dai nostri pescatori di professione, i quali si servono di una barca, detta nave, che se non presenta l’eleganza ed i comodi delle barche comunemente usate sul Lario, avendo la prora e la poppa quasi di egual forma, e basse le sponde, pure fornisce ai pescatori comodo e facilità nell’eseguire i loro movimenti e le loro manovre. In queste navi sonvi generalmente tre pescatori.
Nel luogo scelto per mettere il linaio, uno dei pescatori discende sulla riva e tiene fra le mani l’estremo di una soga, un’altra remando a ritroso a due remi s’innoltra colla nave nel lago, ed il terzo è incaricato di calarvi la rete. Quest’ultimo, mentre la barca va descrivendo un semicircolo, sciorina nelle acque un’ala della rete, vi getta prestamente il sacco, indi vi cala l’altra parte, ed infine salta a terra coll’estremo della corda. Il pescatore che sta ai remi conduce la barca nel luogo che rappresenta il centro del grande arco formato dal linaio, e l’assicura alla riva col mezzo di una fune. Frattanto gli altri due pescatori incominciano a tirare la corda verso terra, e nello stesso tempo vanno avvicinandosi l’un l’altro, in modo che, quando la rete è poco lontana dalla riva, essi son giunti vicino alla nave; allora entrano in essa e continuano a tirare a sé la rete, deponendola in un mucchio sulla prora.
Al tempo della frégola degli agoni, se la fortuna arride così da cingerne numeroso stuolo, appena il linaio incomincia a toccar la sponda, veggonsi venire verso terra molti agoni, i quali trovandosi circondati dalla rete fuggono paurosi cercando un varco di scampo di sotto la barca. Se ciò avviene, come di frequente succede, allora il pescatore che guidava i remi, prende tosto la remantellata, e la getta tra il linaio e la barca come una siepe, poscia distende la guada fra le due ale. Mano mano, i pesci giungono a riva, entrano nella guada, ed il pescatore con agile manovra ne innalza i bastoni e li getta nel mezzo della barca. Se grande è la quantità dei pesci che vi giungono fuggitivi, allora lascia la guada, e con una pertica percuotendo l’acqua li mette in fuga, e li costringe dar del capo nella remantellata. Quelli che retrocedono verso l’alto del lago rimangono prigioni nel sacco. Quando i pescatori hanno terminato di tirare le due ali, uno solo trae in barca il sacco, che generalmente racchiude la maggior presa di pesci. L’estremo del sacco è stretto da una funicella, sciolta la quale si estraggono i pesci. Il tempo necessario a mettere il linaio e levarlo è di circa un quarto d’ora. All’epoca della frégola degli agoni, i pescatori avventizi ed i dilettanti si avvicinano alla nave che pesca al linaio, e pongono in acqua vicino alla riva un pendente o la remantellata, e talora avviene che le estraggono inargentate d’agoni, i quali, non ostante tutte le precauzioni prese dai pescatori, riescirono a trovare una via di fuggire dalle loro reti.
Una tratta o tiro di linaio chiamasi tragg, e collo stesso nome i pescatori chiamano pure il luogo ove sogliono pescare con tal rete. Serve principalmente alla pesca degli agoni, ma si prendono ogni sorta di pesci.
A Gera sotto l’Adda se ne presero con questa rete sino a tre mila chilogrammi di agoni in un sol giorno, e non è raro il caso che un sol tiro ne dia cento e più chilogrammi. Non frequente è la pesca dei barbi, e talora se ne prendono da cinquanta a cento chilogrammi in una pescata.
Con questa rete si pesca quasi in tutte le stagioni dell’anno, ed in tutte le ore del giorno; ma le maggiori prese si fanno ad orù, ossia ai crepuscoli del mattino, e all’andata ossia al tramonto del sole. Evvi pure il linaio detto a sacco fitte, (a cass spess), il quale è uguale al precedente; solo ha le maglie del sacco strettissime e serve a prendere le alborelle.
La nuova legge permette l’uso di questa rete solo tre giorni la settimana, durante la frégola degli agoni.
II. Linarolo
(vulg. linaroeu, linarél). – Il linarolo è una rete simile in tutto al linaio, ma è alquanto più piccola ed ha maglie più strette. Serve per prendere principalmente gli agoni al tempo dei loro amori. Per pescare con esso sono necessari due uomini, e si può usare tanto una barca detta nave, quanto un battello comune. ln sul far della sera i pescatori si portano nel luogo designato, assicurano la fune di un’ala del linarolo alla riva, e mentre l’un pescatore descrive colla barca un semicerchio, l’altro cala nel lago la rete. Giunti colla barca al luogo d’onde erano partiti, l’assicurano alla riva, ed ambedue incominciano a tirare a sé il linaiolo. Dopo aver tratto tutta la rete in barca, estraggono dal sacco gli agoni, indi se ne stanno in riposo una mezz’ora, aspettando che i pesci che fuggirono al rumore che fecero nel pescare, ritornino alla superficie e vicino alla riva. Allora di nuovo calano la rete, e così continuano sino a notte inoltrata.
III. Reciara
La reciara, o rete chiara ebbe il suo nome dall’avere le maglie più larghe e meno spesse di quelle del linaio. É una rete grandissima, le cui ali sono lunghe più di cento metri, alte più di trenta, ed il cui sacco è lungo pure un trenta metri. Per pescare con essa servono le barche dette navi o combalini secondo gli usi dei diversi paesi, e si mette e si leva dalle acque nello stesso modo del linaio. Serve a prendere le tinche, le trote, i temoli ed altri pesci, e si usa sopratutto nell’inverno.
IV. Aquedo
(vulg. aquée) – Chiamasi aquedo la rete più grande che si usa dai pescatori del Lario. Le sue maglie sono di filo forte, e di grandezza presso a poco simili a quelle del linaio; consta di due grandi reti uguali e disgiunte, le quali hanno la figura di un paralellogrammo, con frequenti soveri alla testa e ciottoli al piede, per tenerle verticali quando son poste in acqua. Non avendo sacco, si pesca in modo affatto diverso del linaio, e vi sono necessarie due barche, ciascuna delle quali porta una delle reti. Serve principalmente alla presa delle encobie e dei cavedani.
Avviene talvolta che le encobie riunite in numerosissime famiglie s’innalzino alla superficie del lago, sia per predarvi gli insetti che vi cadono, sia per altra cagione. I pescatori le scorgono; tosto colle due barche si avvicinano e fra loro attaccano gli estremi delle due reti, che poscia vanno lestamente calende nel lago descrivendo un grande cerchio. Ricongiungono le due barche, e trascinando gli estremi delle reti, entrano nel mezzo del cerchio, e si spingono sino a raggiungere i due estremi delle reti, che unite assieme avevano dapprima poste nell’acqua, formando cosi due cerchi, uno per ciascuna ala. Disgiunte le reti, e separate le barche, i pescatori incominciano a tirare a se l’aquedo, il quale essendo molto alto e rimanendo verticale nel lago, forma come un’alta muraglia cilindrica, che impedisce che i pesci che vi si trovano possino fuggire.
Per levare le reti, due pescatori sulla prora della barca ne prendono il lembo, e continuano a tirarlo, finché giunti al fine formano una specie di vaglio o calotta, in cui restano prigione i pesci. Allora i pescatori incominciano a ritirarne la testa, e cosi i pesci vedono mano mano venir meno lo spazio, ed essere sempre più circondati e ristretti nella rete, finché quasi terminata questa, si ritrovano in una specie di sacco, che lestamente vien tratto in barca.
Se la fortuna è propizia, talora prendonsi più centinaia di chilogrammi di pighi in una sola pescata. Nell’agosto del 1859 i pescatori di Carate in un sol tratto ne presero oltre cinquecento chilogrammi vicino a Laglio, ed i vecchi pescatori rammentano pescagioni assai maggiori.
Nell’estate, vicino alle filande, i cavedani si raccolgono in grande numero, essendo essi ghiotti della crisalide dei bachi, e dell’acqua torbida della levatura della baccaccia. Talora i pescatori in sulla sera vi pescano l’aquedo, ed allora bello è il vedere i cavedani saltar sopra le reti e fuggirsene, non appena si avveggono esser circondati dalle reti, per cui a questa pesca richiedesi prontezza e molta agilità nei pescatori.
V. Bottéra
La bottéra è una rete della forma del linaaio, con due ali lunghe cinque o sei metri, le quali terminano in sacco, a maglie di canape strettissime. Alle sue ali sono unite due otri; la testa è fornita di soveri ed il piede di molti ciottoli, sicché messa la rete in acqua il piede tocca il fondo, per cui pesca ogni sorta di pesci, e persino i più piccoli pesciolini. Da ciò le venne il nome di nettlafond col quale chiamasi questa rete in alcuni paesi del lago. Da alcuni è detta pure cattapane.
Per pescare con questa rete si assicura la fune di un’ala alla riva, si descrive un circolo colla barca, mentre si pone in acqua la rete, indi si estrae tirandola sempre rasente il fondo del lago.
Si pesca con essa in tutte le stagioni, in luoghi poco profondi e coperti di melma e di molte erbe acquatiche. Serve a prendere bottatrici, anguille, pesci persici, trulli, scàrdole ed ogni sorta di pesciolini, i quali servono a caricare le lenze, e principalmente la spaderna, per far preda di pesci più grossi.
Siccome questa rete strisciando sul fondo e sulle erbe, sconvolge e distrugge le uova che i varii pesci vi hanno depositato, e prende i pesciolini prima che abbiano raggiunto il loro naturale sviluppo, con grave danno della riproduzione e propagazione dei pesci, così la nuova legge sulla pesca saviamente dispose che sia assolutamente vietata dal primo aprile a tutto novembre.
VI. Bugiazzo
(vulg. bugiaz). – Il bugiazzo che nelle antiche Grida Comasche è detto anche bighes, è una rete simile in tutto alla bottéra, ma con ali lunghe il doppio. Si pesca come la bottéra, e con esso si fa maggior presa quando il lago, dopo frequenti piogge ha torbide le acque. Serve a prendere anguille, scardole, carpioni, temoli ed ogni sorta di pesci.
VII. Rete Bedina
Questa rete è grandissima e somigliante al linaio. Si usa solo a Caldone vicino a Malgrate ove la pesca è di privata ragione. Serve a prendere gli agoni, e si tende due volte al giorno, somministrando per ciascun tiro circa duecento chilogrammi di pesci.
VIII. Remuscia
La remuscia, nelle antiche Grida detta anche rete muccia, è una rete senza mantello, e senza sacco, e lunga venticinque metri. Si usa al tempo della frégola degli agoni, i quali restano presi nel sacco che vi formano i pescatori nel levarla dal lago. Si pesca sulle rive ghiaiose e poco profonde.
IX. Guada
La guada, o paura, come la chiamano alcuni pescatori, è una rete quadrata, di circa metri due di lato, a maglie di agoni. Due lati paralleli sono uniti a due bastoni, che da una parte si allungano più della rete, in modo da formar due manichi, coi quali l’adopera il pescatore. La paura si usa quando si pescano gli agoni col linaio; un pescatore tenendo fra le mani i due bastoni, la pone inclinata nell’acqua fra la barca e le due ali del linaio. Gli agoni che si trovano cerchiati dal linaio, fuggono cercando un varco ma venendo verso la barca incappano nella guada. Il pescatore non appena li vede entrare, solleva coi bastoni la rete, e con bella ed agile manovra li getta nella barca per disopra la sua testa, indi scuotendo la paura, la pone lestamente ancora nell’acqua aspettando che altri agoni vi incappino.
X. Gamberana
Questa rete serve alla pesca dei gamberi. È di forma quadrilatera e grande poco più di un metro. Nei due lati più grandi si fa passare una cordicella, e nei due più corti si attaccano due bastoni di legno, ad uno dei quali sono uniti molti ciottoletti gli uni vicini agli altri, e al secondo si affrancano alcuni soveri. Le sue maglie sono di canape grosso, doppio e ben torto, e simili a quelle del sevesino. Si getta al fondo del lago con due corde attaccate ai due legni, e si trascina colla barca lunghesso la riva fra le erbe ed i ciottoli. l sassi della rete smovendo i ciottoli del feudo, ne fanno uscire i gamberi, che vi stavano nascosti. i quali danno nella rete. Dopo aver tirato per qualche tempo si estrae dal lago la rete, e fra le erbe si scelgono i gamberi. Si pesca d’inverno e di primavera.
- Questo brano è tratto dal volume dell’Ing. Giovanni Cetti, Il pescatore del Lario, descrizione delle reti e dei vari generi di pesca in uso sul lago di Como, pubblicato a Como nel 1862, dagli editori Carlo e Felice Ostinelli, pp. 89-98.