13 Gen Relazione sul prosciugamento del Trasimeno letta nell’adunanza generale del giorno 19 gennaio 1864
Alla Società Economico-Agraria ed al Municipio di Perugia
Relazione letta nell’Adunanza Generale della Società Economico-Agraria del giorno 19 Gennaio 1864.
Lo incarico ricevuto di dare una Relazione sulla convenienza del prosciugamento del Lago Trasimeno è argomento assai vasto e complesso, e superiore alle forze di noi sottoscritti; e in contemplazione di ciò avremmo declinato dall’onore ricevuto, se l’urgenza di prender tosto una risoluzione non ci avesse fatto considerare, che il ritrarcene era un dimostrarci indifferenti per gl’interessi del nostro Paese.
Vogliano perciò i Committenti (il Municipio e la Società Agraria) giudicare in modo benevolo questa nostra incompleta trattazione, basata soltanto su ciò, che una generica conoscenza della località ne suggerisce e su ciò che i principi elementari della Geogenia ne insegnano, e gli scandagli eseguiti da altri confermano.
È da distinguere fin dal principio, che il prosciugamento dei Trasimeno può considerarsi o nella sua totalità o in parte soltanto, lo che avrebbe meglio di ogni altro il nome di ritiro. In ambedue i casi lo scopo ultimo potrebbe essere il prosciugamento totale, ma poiché diversi sono i mezzi, con i quali si andrebbe a raggiungere, e diverse le conseguenze che ne deriverebbero, quindi alla diversità di essi subordinato il nostro parere.
Giova premettere che l’acqua del Trasimeno copre una superficie di suolo di circa ettari 12,000 e la sua maggiore profondità non supera che di poco i sei metri, profondità assai leggermente modificata dall’epoca, nella quale fu scandagliata dal Borghi, e molto di poi da altri Ingegneri1. Il fondo è in gran parte, per quanto apparisce dalle sponde, formato da sedimenti sabbiosi.
Questo bacino è circoscritto in tre lati, da una catena di monti costituita da Levante a Mezzodì da rocce calcaree e silicee; al Nord da rocce arenarie durissime, e schisti argillosi. In quelli domina il bosco, in questi la coltura degli olivi. Solo al Ponente il Lago confina con pianura che si estende a costituire il Piano di Castiglione, nel quale prevale il terreno sabbioso classificato nel Catasto col nome di Segaleto, atto cioè alla coltivazione della segala.
Questi monti e confini del Trasimeno sono solcati da spessi fossi e torrentelli, che tributano al gran recipiente le loro acque, ma non havvene alcuno di seria importanza, sia per la quantità dell’acqua e delle torbide, sia per il lungo corso. È il Lago dominato precipuamente dai venti di Nord, che inclinano a trasportare gli avanzi galleggianti, o terriccio alle sponde del Sud.
Il liberare dalle acque una superficie di 1,000 ettari di terreno, esige un tempo abbastanza lungo, e forse non abbisogneranno meno di sei anni, a farlo con molta cura ed assiduità, e per tutto questo tempo almeno vi è pericolo che sviluppino delle malattie da spopolare tutte quelle contrade ove facciasi secondo l’interesse della borsa, e non con quelle scrupolose cautele, che molto volgano a diminuire i tristi effetti de’ paduli, che per qualche tempo andrebbero naturalmente a formarsi. Ora se lo scopo del prosciugamento totale fosse il bonificare l’aria di quel territorio conviene affermare che, potendo dar luogo all’effetto del previsto impaludamento per tempo non brevissimo, ne conseguirebbe il peggioramento di condizione igienica agli abitanti attuali de’ vicini castelli, sarebbe quindi un accrescere mali sopra mali, e in ragione fuori di proporzione.
D’altronde la causa attuale della mal’aria è l’impaludamento, che accade in tre punti principali di quel territorio, che sono il seno di Montebuono, di Borghetto e Castiglione. Gli avanzi organici che si trovano in questi seni palustri possono provenire da tre cause diverse.
- Dai detritus, che vi trasportano le acque discendenti dai vicini boschi.
- Dalle materie galleggianti che vi sono spinte dalle onde.
- Dagli avanzi che annualmente vi lascia la vegetazione spontanea delle piante palustri, delle quali molte muoiono affatto, altre lasciano la fronda allorquando l’acqua si ritira in estate.
Ed a questa terza causa è più specialmente da attribuirsi quella quantità di humus, che si trova, poiché quando ai torrenti abbiam già notato che sono piccoli e di breve corso, ed anche i boschi, d’onde provengono, sono in gran parte costituiti da piante sempre verdi, che perciò non danno molta quantità d’avanzi organici. In questi luoghi palustri poi cercano a preferenza asilo e pascolo uccelli pesci ed altri animali acquatici, che vi lasciano spoglie ed avanzi di diverse materie le più facili a decomporsi e le più atte a produrre gaz perniciosi o miasmi. Così mentre questo terreno, ove fosse prosciugato, addiverrebbe assai produttivo, nell’ attuale condizione perché invaso dalle acque, è solo alimentatore di cannuccie (arundo phragmitis) e di erbe palustri, e quando in estate rimane asciutto, aumenta a dismisura la sua azione malefica alla salute degli uomini. Visto come la mal’aria è effetto della condizione palustre di taluni lidi; e questa è prodotta del dilatamento invernale, e conseguente ritiro estivo del Lago, e visto ancora che la vegetazione delle piante acquatiche ed il deposito di sostanze organiche non avviene che sopra una ristretta superficie, e di più avendo dimostrato che il prosciugamento adoperato come mezzo unico per risanar l’aria, potrebbe fare invece aumentare temporaneamente la condizione palustre; possiamo concludere che la salute degli abitanti, e la pubblica igiene non reclama il totale prosciugamento, ma lo teme. Se reclama un meglio, questo conviene cercare e procurare di ottenere senza il pericolo, che per aver l’ottimo deperiscano per la via tutti i desideranti.
Passiamo ora a considerare la cosa sotto l’aspetto agrario, e vediamo se sia certo quel vantaggio che si ripromettono i fautori del prosciugamento completo. Che il prosciugamento del Lago non sia per lasciare un fondo il più acconcio alla coltivazione risulta da varie considerazioni nascenti dalla sua stessa natura.
È osservazione generale che ovunque le acque de’ fiumi, o torrenti giungono a versarsi in un bacino, sia esso un lago, od il mare, perdono la velocità nel confondersi con quelle del bacino, e da ciò ne consegue che i materiali diversi che esse acque trascinavano sono abbandonati sia per rapporto al tempo, che allo spazio in ragione del loro peso. Quindi si depositano prima le ghiaie, poi le sabbie; e le sostanze argillose vi rimangono più lungamente, cagionando così la torbidezza dell’acqua per un tempo o spazio più o meno lungo; ma in fine ancor queste debbono, obbedendo alle leggi di gravità, precepitare al fondo. E da ciò deriva che presso ai lidi il deposito è prevalentemente ghiaioso e sabbioso, e verso il centro del bacino prevale invece l’argilla. Quanto poi alle sostanze organiche, essendo le più leggere, restano galleggianti finché le onde stesse non le spingono in secco. Dal che ne segue che né nella parte centrale, né in qualsiasi luogo, ove l’acqua si mantiene constantemente assai elevata può farsi deposito di detritus organici. Soltanto quando per naturale effetto dei depositi, o per artificiale sottrazione d’ acqua, il Lago è divenuto palude, accade facilmente la mescolanza delle materie terrose, cui associandosi le organiche, si costituisce un terreno per lo più atto alla coltivazione.
Ora venendo al caso nostro, ed applicando al Trasimeno le sovraccennate leggi di Geogenia, siamo ragionevolmente indotti a concludere che i terreni formati per azione di deposito nel fondo del Lago debbono essere ove eccessivamente sabbiosi, e ciò specialmente nella periferia; ove costituiti da quasi pura argilla, e ciò specialmente nelle parti centrali; e quindi così nell’uno come nell’altro caso la troppo grande prevalenza dell’elemento o sabbioso od argilloso farà sì che que’ terreni non risultino di buona composizione minerale, quale si esige affinché siano utilmente coltivabili.
Quanto poi alla fertilità, la quale è essenzialmente constituita da avanzi organici, non potremo in genere trovarne se non là dove possano formarsi depositi di sostanze di tal genere; ma noi abbiamo già dimostrato, trattando la questione igienica, che ben ristrette sono le località, ove que’ depositi di terriccio si formano dando così origine alla mal’aria, e quindi abbiamo in ciò anche la prova che solo in pochi luoghi esistono terreni ricchi di materie organiche e dotate di natural fertilità, ma nel resto tutto ci fa prevedere, che scarsissimo sia di fertilità il fondo del Lago. Che se anche si voglia, che qualche frustolo di avanzo vegetale portato dalle torbide restasse sepolto ne’ depositi, il movimento del Lago lo diseppellirebbe e porterebbe anch’esso a sponda. E ciò accaderebbe facilmente, perché frequenti vi sono le tempeste e queste sono sempre precedute da un movimento intestino delle acque, che agita la melma del fondo, e la porta fin quasi alla superficie anche prima che questa riesca agitata.
Questo fatto osservabile da chiunque vi presti attenzione porta a concludere impossibile la rimanenza di qualsiasi materia organica nel fondo del Lago, e quindi impossibile che da questo lato ne venga la minima fertilità.
Potrebbero esservi altre fonti di fertilità: potrebbe supporsi, che erbe acquatiche fossero nel fondo, e queste coperte dai depositi averli fertilizzali. – Ad eccezione delle sponde e dei tre precipui tratti palustri sopra accennati, in verun punto dei Lago il fondo ha erbe palustri; quindi è impossibile che siansi fertilizzati i depositi terrosi. Inoltre è fatto che la riviera di ponente fuori della diga, che chiude la palude, mentre è tutta di basso fondo, e perciò atta alla produzione di erbe palustri, è spoglia di ogni vegetazione, e non produce neanche la cannuccia, che è si abbondante ne’ punti palustri summentovati. Ciò indica tanta pertinacia di tristo terreno da non permettere punto neanche la vegetazione delle inutili piante.
A conferma di questa sterilità starebbe
- l’autorità del Crispolti, e del Pascoli riportati dal Mariotti, che asseriscono, che «cinque delle sei parti del suo fondo sono di bianca arena, di ghiaia e di sassi, e la sesta parte è n palustre e limosa» V. Memoria del Mariotti pag. VI.
- il fatto che l’arena del Lago è rinomata per la segatura del marmo, che esige come ognun sa, un’arena schiettamente silicia.
A coloro poi, che a sostegno del contrario parere portano ad esempio la fertilità del suolo che si è guadagnato nel prosciugamento di altri Laghi, noi replichiamo che in genere allorquando il buonificamento fu intrapreso, quelli erano paduli anziché Laghi, e tali ridotti per opera della natura stessa, la quale fa si, che ove i Laghi non siano attraversati da un fiume che ne tenga spazzato il fondo, vanno lentamente colmandosi. Quando per tal via sono addivenuti paduli è allora che sia per togliere la mal’aria, sia per guadagnare del buon terreno, diviene necessario ed utile il prosciugamento.
Anche il Trasimeno dopo secoli si ridurrà in quella condizione, ed allora sarà interesse il prosciugarlo, ma oggi è ben lontano dall’esserlo, e così è ben lungi dall’esser prudente il tentarlo.
Né dal sistema delle colmate artificiali, in altri luoghi tanto utilmente adottato, sarebbe a ripromettersi grandi vantaggi, poiché la scarsezza delle torbite apportate dai piccoli influenti nel Lago farebbe sì, che molti e molti anni dovrebbero trascorrere prima di giungere a buonificare con tal mezzo quella così vasta superficie.
Ove si trattasse semplicemente di un abbassamento dell’attuale pelo di acqua, i risultati sarebbero ben diversi, e le conclusioni verrebbero favorevoli. Le parti del Lago che resterebbero quasi scoperte sarebbero appunto i seni, già colmati dai relitti delle piene commisti all’erbe palustri infradiciate.
Una gravissima ragione di interesse diretto ha Perugia a conoscere ed influire nelle determinazioni che potesse prendere il Governo sul Trasimeno. È ricchezza fondamentale delle precipue famiglie del paese la corona di oliveti che lo circondano. Il prosciugamento altererà la condizione climatologica di quel territorio? E la condizione alterata porterà morte o solo detrimento a quelle ricchissime piante? Questa considerazione è di seria importanza, e troppo giustamente preoccupa tutti, e deve preoccupare anche il Governo. Tutti dobbiamo aspirare all’aumento della ricchezza dei territori, ma porre in pericolo una coltura ricca ed abbondante, per tentarne una povera od almeno problematica, non è certo savio consiglio, e mentre una Società Anonima tanto si adopera per tentare una speculazione, è conveniente che sì il Comune che i Proprietarii facciano forza onde allontanare questo pericolo. Questo asserto basa su considerazioni scientifiche ed osservazioni sperimentali, che se non danno certezza assoluta, danno quella morale certezza, cui per ordinario l’umanità nelle sue operazioni si acquieta.
La Geografia fisica ci fa conoscere che nei paesi temperati la presenza di un gran serbatojo di acqua è mezzo che mitiga come il calore estivo, così il freddo invernale, e favorisce colà potentemente la vegetazione.
L’olivo come pianta sempre verde e di climi meridionali risente più d’ogni altra il tristo effetto degli improvvisi passaggi di temperatura a tale che, ove questa si abbassi di qualche grado sotto lo zero coll’aria molto umida, avviene la così detta calaverna, o gelicidio, che porta lo morte dei rami o dell’intero fusto fino al colletto della radice.
Ora il prosciugamento del Lago toglierebbe la causa della mite temperie, e però fu sempre ragionevole il sospettare, che danno notevole ne avrebbero gli olivi. Che il timore non sia ipotetico ma ragionevole tanto in genere, quanto in specie stanno le autorità ed osservazioni seguenti.
Evitando di citare molti autori riportiamo i due seguenti passi del Brocchi Conchiologia subappennina, che riporta la massima come positiva.
È stato da molti fisici avvertito, che l’aria sovrastante a vasti tratti di acqua, è generalmente calda di più gradi all’inverno che non è quella sovrastante alla terra; e che quindi la vicinanza dei mari molto influisca sulla temperatura dei continenti. I paesi contigui al littorale sono perciò generalmente meno freddi di quelli che stanno nell’interno; e le isole molto meno ancora dei continenti, come è stato dimostrato da Kirvan con una numerosa serie di esperienze (An estimate of the temperat of differ. latitud., pag. 30. 38. 40.) Nelle isole Orcadi, che giacciano sotto il cinquantanovesimo grado di latitudine boreale, rarissime volte gela, e vi cade, durante l’inverno, più pioggia che neve ( Kant) [così nel vol. 1°. pag. 387, e nel vol. 2°. pag. 455.] …per dare a divedere quanto la vicinanza di grandi spazi di acqua contribuisca ad addolcire la temperatura dei paesi che sarebbero per se stessi notabilmente freddi, ho omesso citare un famigliarissimo esempio, che può tornare in acconcio al proposito quando si voglia adattarlo dal piccolo al grande. È noto che nelle vallate montane ingombrate da spaziosi Laghi, quali sarebbero fra noi il Verbano ed il Lario, suole essere il verno senza paragone men rigido di quello che lo sia negli altri luoghi adiacenti, e talvolta ancora nella pianura. Per la qual cosa lungo la costiera di questi laghi ottimamente riesce la coltivazione di piante fruttifere, che si potrebbero considerare esotiche per la montagna; e che di fatto cessano di vegetare a poca distanza, qualora più non si trovino sotto la immediata influenza della temperatura lacustre. Sulle rive del Lario per esempio, ossia del Lago di Como, prospera la vite fino ella estremità di quel vallone, che si insinua nel cuore delle montagne per la lunghezza di 40 miglia, e lussureggia questa pianta pel piano di Colico fiancheggiato da un canto dal gigantesco Legnone che ha 8132 piedi di altezza e dall’altro dalle rupi scoscese della Valtellina: così gli aranci vivono allo scoperto a Varenna, e senza difficoltà resistono gli olivi sulla spiaggia di Rezzonico. Or supponiamo che disseccandosi il detto Lago, tutto quel tratto di suolo si riducesse alla condizione degli altri paesi alpini sepolti per la gran parte dell’anno sotto i ghiacci, e la neve; figuriamoci ancora che quando fosse spenta ogni memoria dell’avvenimento, si rinvenissero nelle torbe foglie e ceppi di arancio e di olivi, se questo fenomeno non riuscirebbe ai naturalisti tanto strano, quanto quello di trovare in Italia ossa di elefante, darebbe certo motivo chi sa a quante dispute ed a quanti indovinamenti.
Quanto alle osservazioni locali il Mariotti narra che nella primavera del 1767 per effetto di freddo e brina in Valdichiana (valle contigua al Trasimeno) perirono molti alberi, e fu seccata la foglia dei gelsi completamente; nel contorno del Trasimeno tutto restò illeso. – Nel 1788 una calaverna danneggiò tutta la foglia dei gelsi del Perugino; solo restò esente il contorno dei Lago.
Le piante degli olivi grandi, intere e robuste Stanno là a provare come mai abbiano sofferto, e come siano per sé stesse testimoni pel tempo trascorso di quanto vedemmo coi nostri occhi nel decembre 1846 quando perì, o almeno grandemente sofferse il territorio della Toscana e dell’Umbria, e gli olivi del Trasimeno non sentirono affatto alterazione.
La osservazione della costanza di questi fatti è stata sempre causa dell’osteggiamento al prosciugare il Trasimeno, di cui molte volte sonosi intraprese le trattative, e sempre per questi fortissimi interessi posti a rischio, sono restate senza la sperata conclusione: che certo nessun ministero nessun principe potrà mai credere prudente rovinare o tentar di rovinare ricchezze esistenti, e ricchezze certe prodotte dall’industria degli uomini per scrutare e cercare ricchezze problematiche, e che riuscendo più abbondanti delle previste, assai difficilmente riuscirebbero a ragguagliare quelle che si pongono in pericolo. E dato che le ragguagliassero si condannerebbero forse quei colli alla vita sterile ed improduttiva, che tutti sanno gli scogli di calcare e di arenaria quanto sono acconci agli olivi, tanto sono inetti ad ogni altra specie di coltivazione.
Qualora poi si trattasse di un semplice abbassamento della superficie dell’acqua ossia di un ritiro, mentre si otterrebbero i vantaggi reclamati, nessun inconveniente avverrebbe alla zona olivata, che si ha tutta la cura di custodire, perché non si altererebbe che punto o poco la temperatura di quel territorio.
Ma quando anche il prosciugamento portasse degli utili sarà poi giovevole sotto l’aspetto economico territoriale? Vediamolo:
Considerando della Economia pubblica quella parte che riguarda l’Agricoltura, da cui principalmente dipende la condizione economica di tutti i paesi di questa provincia, i sottoscritti non esitano a rispondere che per un numero di anni andrebbe probabilmente a risentire un’alterazione dannosa la coltivazione di gran parte del territorio, e specialmente di quella, cui precipuamente la mano industre e sollecita rende produttiva. Lo sperar grandi cose dalla ubertosità del terreno prosciugato, la reale ubertosità delle sponde di talune parti, gli eccitamenti e le promesse della Società prosciugante inviterebbero ad accorrere colla lusinga di migliorar la lor condizione molte famiglie coloniche, ché la ubertosità abbenché apparente soltanto nell’animo di che per continuo lavoro e fatica non è giunto a migliorare la propria fortuna, è molla potentissima allo avventurarsi a qualunque impresa.
Il sorgere di 500 poderi reputati paradisi farà accorrere in fretta coloni da tutte parti, e intanto le terre prima colonizzate resteranno probabilmente deserte, e la classe dei proprietari, che da quelle traeva la sussistenza, sarà in breve rovesciata in condizione miserabile o certo assai deteriorata. Che questo non sia un vano timore, ma una conseguenza necessaria e ben previdibile, si potrebbe rigorosamente provare ove vi fosse una statistica delle colonie. In mancanza della medesima si potrà istituire un calcolo generale coi seguenti dati noti:
- la quantità della popolazione;
- la quantità delle famiglie possidenti;
- la quantità delle case;
- la quantità delle famiglie.
Il territorio di Perugia e quelli dei paesi circostanti al Lago saranno i primi ad essere abbandonati. Nell’angustia di tempo in cui siamo trarremo le induzioni dai dati seguenti desunti dalle Nozioni statistiche sulla popolazione dell’Umbria raccolte per cura della Direzione di Statistica stampate nel 1862.
Superficie. Ettari | Popolazione | Famiglie | Proprietarii | Case | |
---|---|---|---|---|---|
Castiglione del Lago | 15403 | 9721 | 1598 | 1361 | 1534 |
Panicale | 7073 | 3661 | 959 | 736 | 599 |
Magione e Agello | 9580 | 6120 | 974 | 818 | 888 |
Passignano e Castel Rigone | 5520 | 3151 | 461 | 291 | 436 |
Lisciano | 3527 | 1915 | 234 | 177 | 228 |
Tuoro | 3614 | 2278 | 359 | 356 | 636 |
Fratta | 19860 | 9967 | 1547 | 921 | 1359 |
Perugia | 43628 | 41891 | 7696 | 1961 | 2259 |
Corciano | 6259 | 4016 | 613 | 573 | 569 |
114464 | 82720 | 14441 | 7194 | 8508 |
Dalla qual tavola (tolto il numero delie famiglie proprietarie al numero delle case di cui ogni colonia ne ha necessariamente una, ed ammesso un tenue numero che possiede un terreno piuttostoché una casa) risulta che il numero delle famiglie coloniche nei comuni che circondano il Lago non eccedono il numero di 1314, e deggiono coltivare 114464 ettari di terreno, ossia ettari 87 per famiglia, meno il monte incolto che vi si riferisce. Risulta inoltre che si aumenterebbe più di un terzo il numero delle colonie. Egli è dunque troppo evidente che impossibile non resti alterata la condizione dei 1314 poderi colonizzati. E ciò tanto più si farà chiaro ove si rifletta, che i 500 poderi esigono 500 famiglie in breve giro di tempo, mentre la popolazione ha un aumento di 1/25 la più abbondante. Quando le colonie scarseggiano di uomini capaci della coltura, e sono assottigliate dai destinati alle armi, sarebbe un aggiungere miseria al bisogno di coloniche famiglie aumentare la estensione del territorio coltivabile.
Coll’aumento di prosperità crescerà certo la popolazione, e il ritorno delle reclute da una vita attiva e regolare darà una ricca abbondante e sana prole, ma pel momento invece di aumentare numericamente, convien che decresca sia per lo sperpero di un numero di sciagurati travolti alla fuga e allo esilio volontario, sia per i coscritti che sono legati per la leva alle armi. Questa circostanza è bene sia osservata da chi governa per persuadersi della difficoltà, in cui si trovano i possidenti per provvedere alla coltivazione. Alle presenti difficoltà accrescerne altre, non è certo prudente consiglio. Inoltre è da osservare che lo stato dell’agricoltura in questa Provincia non è prospero quanto dovrebbe essere, ed abbenché di natura più fertile della limitrofa Toscana, produce in proporzione meno di quella, ed i nostri coloni non perdono i giorni in ozio. È sentenza di un illustre economista (Cattaneo) che un terzo almeno della produzione nell’Umbria «giaccia nella terra sepolta per manco di operosità» se non può dirsi ozioso il nostro popolo della campagna, convien concludere, che è il suo poco numero che fa giacere questo terzo sepolto. Prima di ampliare materia agli agricoltori sarebbe bene, che questi raggiungessero la perfezione nella materia attualmente posseduta, e lasciar la terra nuova pel momento in cui l’attuale si rendesse insufficiente. Inoltre la natura montuosa del territorio umbro dà luogo alla necessità di sviluppare la coltura delle piante arboree e precipuamente della vite e dell’olivo, che esigono molti lavori manuali, e quindi gran numero di coltivatori, a cui non si può supplire colla meccanica Agraria. Aggiungasi che i nostri monti nudi, sia per effetto del freddo invernale, sia più ancora per l’aridità dalla state, quasi sterili e di poco conto hanno i pascoli e conviene quindi coltivarli nelle loro chine ad olivi cui assai si prestano. Volontà e mezzi vi sarebbero, ma mancano le braccia che vi occorrono.
Ora se a queste considerazioni si aggiungesse il fatto non molto dubbio, che la coltivazione nel fondo del Trasimeno fosse inefficace per la sua sterilità, come abbiamo detto, è indubitato prodursi uno scompiglio nell’andamento pacifico della vita di questa provincia per aver invitato un gran numero di coloni colla lusinga di esibire un Eden, ove non troverassi che fame e miseria. E porre in una quieta e spiritosa provincia i mali semi di disperazione e disperate intraprese, è assai tristo principio della vita nuova.
Né si dica che presto ritornasi alla normalità ove si verifichi uno sconcio di questa natura. Darebbe segno di conoscere poco gli uomini e le cose chi riputasse facile riporre tosto tutto allo stato pristino senza commozione e violenza. Come ancora non è da reputare che questa cresciuta popolazione per concorso di ogni parte, ove trovasse fallite le sue speranze, potesse portare il vantaggio cercato dell’aumento di braccia di cui la provincia abbisogna, perché ognuno conosce la condizione colonica e la sua miseria. Immedesimarsi gli estranei nella famiglia, è assurdo il pensarsi; starvi in qualità di operai cioè per il vitto e salario è impossibile, perché non vi giungono le forze coloniche, e qualora si pensi, che alle fatiche esagerate del coloni, corrisponde la terra un misero sostentamento di polenta ed acqua, si vedrà la impossibilità di pagare lavorieri giornatanti, e abbenché cresca il prodotto in proporzione delle braccia aumentate non sarà mai tale da migliorare al punto, che è necessario, la condizione dei coloni e loro aggiunti.
Ci siamo molto trattenuti sulla trattazione di questo argomento, perché più da vicino tocca gl’interessi dei possidenti di questo territorio, e perché sul territorio si riversa il danno di un imprudente esperimento.
Escluso il prosciugamento totale come condizione utile da trarsi dal Trasimeno, vediamo se il prosciugamento parziale avesse migliori risultati. Il prosciugamento parziale potrebbe tosto porre in secco le parti, che lo reclamassero al momento; ciò potrebbe ottenersi o coll’abbassamento dell’emissario o per via di colmate. Ove si volesse ottenere col solo abbassamento dell’emissario fatto annualmente, s’incontrerebbe il rischio di peggiorare la condizione igienica, perché ogni anno si formerebbero nuovi paduli. Ove per altro col mezzo delle colmate si andasse inalzando il terreno coltivabile attorno al Lago rimpiazzandosi all’acqua gradatamente ed in ragione della quantità dalle torbide che sogliono portare i piccoli influenti, si metterebbe a profitto utile tutto il buono che proviene dai monti circostanti, e mentre si eviterebbe lo impaludarsi di certe parti, che per essere naturalmente colmate avrebbero bisogno di tempo lungo, si porrebbero in salvo da ulteriori inondazioni quelle, che sono già molto elevate, ed in parte sono già coltivate, e così avanzando colle colmate lentamente, ma costantemente, dalla periferia verso il centro, si acquisterebbe ogni anno una zona di terreno coltivabile, e col correre dei tempi si raggiungerebbe alfine il prosciugamento completo senza danni o pericoli. Così regolando i corsi principali di acqua possono per ora condursi a colmare i tre seni principali, e questi benificati dalla colmata, e dalla regolarità data all’emissario, che impedisca lo inalzamento dell’acqua sopra un ordinario livello, verrebbe eliminata la triste condizione dell’aria.
In questa guisa operando il poco terreno, che si anderebbe annualmente acquistando in diminuzione della superficie dell’acqua, sarebbe in gran parte di buona qualità da compensare esuberantemente al danaro, che vi si anderebbe a spendere. L’economia territoriale non vi scapiterebbe anzi vi guadagnerebbe, giacché l’ampliamento della superficie coltivabile si farebbe lentamente, come lento è l’aumento della popolazione. Il terreno olivato per ora non scapiterebbe certamente, perché resi coltivabili i seni di Montebuono, Borghetto e Castiglion del Lago, la massa d’acqua rimanente sarebbe ragguardevole ed il clima non potrebbe provarne sensibile variazione.
Dal porre a profitto per colmare le torbide del Lago si avrebbe oltre la formazione dei terreni agrari, anche il vantaggio di eliminare la causa principale della sempre crescente diminuzione del pesce. Se poi tolta la causa del deterioramento si aggiungessero i mezzi artificiali per aumentarlo, si potrebbe avere un prodotto assai più rilevante. Da altri laghi dell’ampiezza del Trasimeno (ad esempio Fucino) circa 80 mila scudi di Dazio di pesce, e non vi si coltiva artificialmente; e non si potrà trarre questo vantaggio dal nostro?
Alle osservazioni suesposte che militano contro il totale prosciugamento istantaneo del Trasimeno, è da aggiungersi che con la ferrovia che si sta costruendo avvicinandosi le distanze, quel Lago si rende un luogo delizioso dato al passatempo dei paesani e forestieri che intendono godere di un allegro giorno di campagna. Da tutte parti si spende ad allestire luoghi decorosi e di divertimenti, Perugia può ben spendere a conservare una naturale delizia a pochi paesi concessa.
Fatte le ferrovie i paesi mediani debbono studiarsi d’incatenare i forestieri con la delizia, ponendo a buon partito tutti gli allettamenti, di cui sono capaci, se intendono evitare che quelle siano mezzi che tolgono il fermarsi del mondo, che si travasa da una ad altra ragione.
E Perugia paese collocato in luogo di aria purissima, in mezzo a pittoreschi colli potrà colle sue opere artistiche aiutate dalle delizie della natura, fermare i viandanti, ma ad ottener questo è necessario che le sue bellezze siano messe tutte a profitto a costo di spese e sacrifici.
La Commissione sottoscritta si propone di confermare con ispezioni locali e con scandagli e minuti esami quanto oggi ha esposto su quello, che ogni ragione di presunzione impone di ritenere. Intanto concludendo dichiara che è sua opinione che debbasi per ogni via opporsi a che il Trasimeno si asciughi completamente, e che, qualora non vi sia altro mezzo per ottenerlo efficacemente, lo acquisti per via di carati e così ne dispongano poi gli acquirenti in quel modo che i loro stessi interessi esigeranno: in tal guisa quella servitù naturale fra il Trasimeno e i proprietari degli oliveti, e i paesani limitrofi, originata dalla essenza e conservazione di questi, resti una volta per sempre distrutta per lo immedesimarsi della proprietà nelle mani degli aventivi ragione. Così sparisce per sempre una causa di continue possibili collisioni, così sarà anche salvo una volta quel principio di dignità, che è in pericolo ogni qualvolta conviene ricorrere ad istanze e preghiere, perché non sia recato danno e pregiudizio ad un territorio abbastanza rispettabile ed esteso, e si arriverà a poter disporre della cosa propria, come i propri interessi importano.
Ing. Dott. Cesare Cesari
March. Raffaello Prof. Antinori
Prof. Paolo Geymonat
Prof. Braccio Salvatori
Prof. Francesco Francesconi Relatore.
__________
(1) Il Borghi nel 1778 al 1779 trovò la profondità massima di piedi perugini 18 = metri 6,20; Gambini nel 1820 trovò la profondità. massima metri 6,45; Balducci nel 1842 la trovò di metri 6,51; ed altro anonimo sotto nome di Curato di campagna nello stesso anno di metri 6,20.
Relazione sul prosciugamento del Trasimeno letta nell’adunanza generale del giorno 19 gennaio 1864, “Il Giornale scientifico agrario letterario artistico di Perugia”, 1865, p. 150.
Pubblicata nel volume Sul prosciugamento del Lago Trasimeno, Perugia, Stabilimento tipografico-litografico, 1864. Volume pubblicato a cura del Municipio di Perugia.