01 Dic Un resoconto dal 1833. Le barche da pesca della laguna di Orbetello
di Charles Heath Wilson
Chiedo qualche minuto della vostra attenzione per descrivere il disegno che segue.
Nell’estate del 1833 feci un viaggio da Livorno a Roma, lungo la costa, terra incognita alla maggior parte dei viaggiatori, seguendo il tracciato della via Aurelia. A Orbetello, ultima città nel Granducato di Toscana, oltre a fare alcune interessanti scoperte antiquarie, ebbi modo di osservare le barche che sto per descrivervi.
Orbetello sorge su una penisola proiettata in una laguna poco profonda e abbastanza estesa; vi si utilizzano barche a fondo piatto, con prua e poppa notevolmente rialzate. La zona centrale dell’imbarcazione risulta quindi più bassa, proprio dove è fissata una trave dello spessore di circa dieci centimetri che percorre trasversalmente lo scafo e sporge all’esterno per più di settanta centimetri su ciascun lato. In ognuna delle estremità della trave è inchiodato un pezzo oblungo di tavola, da cui esce un robusto perno. In rapporto alla barca, i remi sono decisamente lunghi, con una pala veramente ampia la cui forma è visibile nel disegno. Questi remi poggiano sui pezzi di tavola alle estremità della traversa e sono fissati al perno con un pezzo di corda, con una soluzione simile a quella adottata sulle barche delle nostre coste. La pala del remo sbilancia leggermente oltre il fulcro su cui poggia; le impugnature arrivano quasi a toccarsi al centro della barca. Con questo sistema, un uomo è in grado di usare un paio di remi robusti, e può governare una barca che, apparentemente, non ha una forma adatta alla velocità, ma che si sposta sull’acqua con una rapidità sorprendente. Il pescatore può arrestare l’avanzamento della barca o virare con notevole rapidità e sicurezza ma sempre con pochissimo sforzo.
La mia conoscenza di barche e navi è decisamente scarsa, ma non potei fare a meno di notare con quanta facilità il pescatore di Orbetello manovrava la sua rudimentale imbarcazione. Ciò mi ha spinto a scrivere questa nota su una barca e sulla modalità di voga, di cui non credo qualcuno abbia mai scritto.
Tutto questo può suggerisce delle ipotesi sul modo in cui, probabilmente, gli antichi governavano le loro triremi, cosa degna d’attenzione per lo storico, soprattutto se vorrà confrontare quanto fin qui detto con le tecniche di voga in uso nelle barche sorrentine sul Golfo di Napoli che, come ho pensato esaminando alcune pitture pompeiane, risultano molto simili alle galere che in tempi antichi solcavano lo stesso mare.
- Questo brano è tratto dal saggio: Brief Observations on the State of the Arts in Italy, with a short account of Cameo-Cutting, Mosaic Work, Pietra Dura, and also some of the Domestic Arts and Mechanical Contrivances of the Italians. By Charles H. Wilson, Esq. Architect, Edinburgh, A.R.S.A., and M.B.A. Read before the Society of Arts for Scotland, 23d November 1840. Pubblicato in:”Edinburg New Philosophical Journal, Exhibiting a View of the Progressive Discoveries and Improvement in the Sciences and the Arts”. Ottobre 1840 – Aprile 1841, pp. 107-108.
- Una cronaca del viaggio fu scritta dall’abate Pifferi e pubblicata nel 1832 (sic) nel volume “Viaggio Antiquario per la via Aurelia da Livorno a Roma dell’Ab. P. Pifferi con disegni analoghi di Carlo H. Wilson“.
- Charles Heath Wilson, figlio del pittorea Andrew Wilson, nacque a Londra nel settembre 1809. Studiò arte con il padre che nel 1826 lo accompagnò in un lungo viaggio in Italia.
A Edimburgo, esercitò la professione di architetto e insegnò ornamento e disegno presso la scuola d’arte. Nel 1849 divenne il Preside della nuova Glasgow School of Art.
Nel 1869 lasciò la Scozia e si stabilì a Firenze, dove animò un circolo letterario e artistico. Scrisse un celebre volume su Michelangelo. Gli fu conferita la “Corona d’Italia” da Vittorio Emanuele.
Morì a Firenze il 3 luglio 1882.