09 Dic Un vecchio barchino per la pesca nella laguna di Orbetello
Le previsioni del tempo erano funeste, ma quando siamo sul tombolo della Giannella, tra gli eucalipti è tornato a splendere il sole. In viaggio da più di due ore, la nostra meta è Orbetello. Vanni ha deciso di passare dalla diga: una serie di ponti che taglia in due la laguna, oggi particolarmente bella.
Superato il paese vecchio, seguiamo le indicazioni ricevute al telefono e senza difficoltà troviamo la cooperativa dei pescatori. Non ci resta che lasciare l’automobile nel vicino parcheggio.
Ad aspettarci c’è Marco Aldi, un socio della cooperativa. È lui che ci scorta oltre il cancello, dove sono le rimesse dei pescatori. Oggi è festa, i barchini sono tutti ormeggiati. Anche qui a Orbetello le barche per il lavoro sono in resina: sono più leggere e richiedono poca manutenzione. Tra quelle in uso ne notiamo una soltanto in legno ma “ricoperta”.
Nel frattempo ci ha raggiunto un altro socio, Giancarlo Lombardi, che ci parla delle imbarcazioni tradizionali e delle evoluzioni più recenti.
“I barchini in legno sono decisamente migliori, non c’è niente da fare, sono più stabili. Quelli in vetroresina, anche se hanno lo stesso peso, sono più “galleggioni” sono più alti dall’acqua e quindi sono più difficili da gestire per il nostro tipo di pesca; al contempo, avendo una distribuzione del peso migliore, scivolano meglio sull’acqua; ma per quanto riguarda la pesca alle anguille, per esempio, con il contenitore delle anguille, si sbilanciano molto facilmente. Il barchino in legno quando era in acqua si impregnava e aumentava il suo peso ed era molto più stabile, con il vento la pesca era più tranquilla. Quelli in vetroresina, naturalmente, permettono dei risparmi non solo nella manutenzione ma anche nei consumi di carburante. Si tirano fuori dall’acqua molto più facilmente rendendo più semplice le operazioni a terra”.
Ci spostiamo ancora, seguiamo Marco che ci accompagna oltre le rimesse dei pescatori, qui possiamo vedere un vecchio barchino in legno, un po’ malmesso ma perfetto esempio della tradizione locale.
Il barchino è azzurro all’interno e verde all’esterno, ha il fondo piatto, come gran parte delle imbarcazioni destinate alle acque con fondali bassi. Il nostro esemplare poggia sul cemento, è più facile notarne l’alzata (la curvatura longitudinale) che, come ci ricorda Giancarlo, rendere più stabile la barca durante le fasi di pesca.
“I nostri barchini hanno un’impostazione “a culla”. I pescatori qui in laguna lavorano sempre a poppa, il barchino al centro è più largo e ha le sponde più alte e questo lo rende più stabile. Se non avesse questa forma a conca e questo peso starebbe sempre “appozzato” e piegato su un fianco. Grazie a questa forma, la prua non va mai troppo sott’acqua e si evita lo sbandare della poppa”.
Il nostro barchino è stato costruito in pino: il materiale tradizionalmente utilizzato dai maestri d’ascia di Orbetello. Veniva usato anche il faggio ma più raramente. I barchini impiegati dai pescatori della cooperativa ormai sono in vetroresina ma a Orbetello ne sono stati costruiti di recente anche in compensato marino, destinati però alla gara dei barchini che si tiene in estate. Ci ricorda Marco:
“Per la costruzione dei barchini, il materiale era il pino, un legno resinoso resistente all’usura del mare. Per il fasciame, se possibile, veniva utilizzata una tavola sola, perché rendeva più stagna l’imbarcazione. Quando potavano gli ulivi i potini portavano al maestro d’ascia i legni curvi in modo che quest’ultimo li lavorasse per farci i mativi“.
Il fasciame è spesso due centimetri. Il fondo è formato da tre tavole. Il barchino si allarga nella parte centrale per poi stingersi nello specchio di poppa. Ha una forma lanceolata, più squadrato nella zona di poppa.
Nella parte anteriore il barchino termina con il ceppicone di prora (dritto di prua) un elemento dalla forma triangolare con due tacche in cui vengono inchiodate le vanne (le sponde) e una tacca in cui viene fissato l’asse centrale del fondo.
L’ossatura dell’imbarcazione è costituita da 11 mativi (le ordinate) che collegano il fondo alle vanne e contribuiscono alla divaricazione di queste ultime. Ogni mativo è formato da quattro parti: le due sezioni con finale ricurvo che scendono dalle sponde (chiamati stramenari); la parte centrale dritta che poggia sul fondo (madieri); una ulteriore sezione che si affianca a quella sul fondo. Nella parte anteriore dell’imbarcazione, sulle ordinate è fissato un dormiente sul quale poggia la panca rimovibile, proprio in corrispondenza della scalmiera (vedi la foto sopra).
Nella foto sopra a sinistra si può vedere la tavoletta di prua (mezzo ponte di prua), un piccolo ponte triangolare che chiude la parte anteriore dell’imbarcazione, arrivando fino al ceppicone; in altri barchini, invece, il tavolato terminava prima, lasciano una piccola apertura dove veniva fissata la campanella: un anello utile per l’ormeggio. Sul lato opposto della tavoletta di prua vi è un foro che ospitava l’alberetto che sosteneva la vela latina; questo prima dell’arrivo del motore fuoribordo. Al barchino manca la falchetta di prora dove veniva fissato il manicone per la lanterna.
All’estremità posteriore dell’imbarcazione vi è la tavoletta di poppa dove siede il pescatore. Dalla tavoletta di poppa parte il capodibanda che prosegue lungo il bordo superiore delle vanne ma non raggiunge la prua e, curiosamente, si interrompe subito dopo la scalmiera. Un paracolpi in legno, invece, corre lungo tutta la parte esterna del barchino come si può vedere nelle foto qui sotto.
Per manovrare il barchino si usano vari strumenti:
- la struzza, lunga pertica in legno che il pescatore usa facendo pressione sul fondo della laguna, ma anche come palo per un temporaneo ancoraggio;
- il motore fuoribordo, fissato a poppa con un brachet;
- i remi per la voga a coppia detti anche remetti corti, ancora in uso, utilizzati sedendo sulla panca rimovibile;
- i remi lunghi o remi da trigantino; venivano usati a coppia, fissati su una struttura rimovibile dotata di scalmi: il trigantino appunto;
- la palella, remo corto usato singolarmente come pagaia dalla tavoletta di poppa, con funzione di timone.
- la vela, non più in uso dagli anni ’50 del secolo scorso (una foto del barchino con la vela latina è nel saggio di Melillo);
Sentiamo parlare del trigantino, ma cos’è un trigantino? Ne troviamo uno nel cortile all’ingresso del ristorante. Eccolo nella foto qui sotto.
Prima dell’introduzione del motore, il barchino di Orbetello veniva dotato di un buttafuori, una tavola di legno fissata alle sponde che spostava più in alto e in fuori gli scalmi. I remi erano più lunghi di quelli attualmente in uso.
Il trigantino che ci mostra Giancarlo è in ottime condizioni. Sono ancora presenti le chiavarde (due grosse viti in ferro) che servivano a fissarlo alle vanne dell’imbarcazione. Nella parte superiore dei blocchi si notano gli avvallamenti scavati in anni d’uso.
“Il trigantino è come una trave che aggetta in fuori i remi. Il trigantino veniva usato a poppa, non veniva usato a prua. Veniva usato a poppa perché, un tempo, quando andavano a “illuminare” a prua c’era quello che usava la fiocina con la lampara: la lanterna. Solo eccezionalmente si usavano due trigantini, uno a prua e uno a poppa, quando si pescavano i “lattarini”, in quel caso vi era un carico eccezionale e si remava in due. Questa pesca è stata completamente abbandonata, io sono entrato in coooperativa nell’87 e già non si praticava più”.
Nella foto sotto a sinistra si può vedere il modellino di un barchino con il trigantino montato nella zona di poppa.
Con il trigantino ma anche in altri tipi di voga, per collegare i remi allo scalmo si usava lo stropolo, una legatura circolare in corda.
Lunghezza del trigantino | cm. 163 |
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Larghezza del trigantino | cm. 27,5 |
Altezza del trigantino | cm. 47 |
Altezza dello scalmo | cm. 23,5 |
Spessore della tavola | cm. 3,5 |
Tipo di imbarcazione | Barchino |
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Località | Orbetello |
Lunghezza | cm. 595 |
Larghezza | cm. 116 |
Altezza a prua | cm. 60 |
Altezza a poppa | cm. 48 |
Altezza al centro | cm. 49,5 |
Sporgenza della prua | cm. 19 |
Sporgenza della poppa | cm. 6 |
Larghezza del fondo piatto | cm. 95 (all’interno) |
Numero ordinate | 11 |
Distanza tra le ordinate | cm. 47 (media) |
Spessore delle ordinate | cm. 4 |
Numero delle traverse | 11 |
Spessore del fasciame | cm. 2 |
Manovre | remi, struzza (pertica in legno) e motore |
Ancoraggio | l’imbarcazione viene tirata in secca |
Legnami | pino e olivo |
Colore | azzurro e verde |
Peso | kg. 230 – 240 circa |
Portata | 4 quintali, e/o due persone |
Impegno | pesca |
Data di costruzione | anni ’70 |
Costruttore | Ottorino Lacchini |
Proprietario | Coop. La Peschereccia |
Località | Orbetello |
Data del rilevamento | 10 novembre 2013 |
Per approfondire:
- Imprescindibile, anche se difficile da reperire, il volume di Annalisa Nesi, La pesca nella Laguna di Orbetello, “Monografie dell’Atlante linguistico dei Laghi Italiani” N. 4, la Casa Usher, 1989.
- E naturalmente il saggio di Giacomo Melillo, La pesca nello stagno salso di Orbetello, pubblicato nella rivista “L’Italia dialettale”, vol. IV, 1928, pp. 212-219.
- Una piacevole lettura l’articolo di Arturo Mengoni, La pesca nella laguna di Orbetello. Aspetti di un’industria marinara, “Le vie d’Italia, rivista mensile del Touring Club Italiano, organo ufficiale dell’Enit”, annata 41, gennaio 1935, pp. 27-32.
- Il breve estratto de La pesca in Italia. Documenti raccolti per cura del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio del Regno d’Italia, ordinati da Ed. Adolfo Targioni Tozzetti, Vol. I., Parte I. Annali del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio. Genova, Tipografia del R. Istituto Sordo-Muti, 1871, pp. 618-620.
- Interessante anche il resoconto tratto da Brief Observations on the State of the Arts in Italy, with a short account of Cameo-Cutting, Mosaic Work, Pietra Dura, and also some of the Domestic Arts and Mechanical Contrivances of the Italians by Charles H. Wilson, Esq. Architect, Edinburgh, A.R.S.A., and M.B.A. Read before the Society of Arts for Scotland, 23d November 1840.
- Un barchino con tanto di trigantino e molti strumenti usati per la pesca era visibile a Talamone al “Museo della pesca lagunare di Orbetello”.
Ringraziamo Marco Aldi e Giancarlo Lombardi per la straordinaria accoglienza. Un grazie a Claudio Del Re che, prezioso come sempre, ha fatto da tramite. Non ultimi, i ragazzi del ristorante che hanno reso la giornata veramente indimenticabile.
[E. F.]